giovedì 14 aprile 2011

supporter, fan o soltanto marionette pagate: i gazebo del Pdl

Io, infiltrato nella claque di B.
di Massimiliano Mesenasco

Uno studente di sociologia si mescola al 'popolo del premier' di fronte al Palazzo di Giustizia di Milano. Scoprendo i meccanismi di una messinscena che non ha niente di spontaneo. Con tanto di "premi" e "incentivi" che vengono elargiti ad anziani e disoccupati per stare lì e poi spostarsi ai comizi della Moratti(13 aprile 2011)Sono uno studente di 24 anni della facoltà di Sociologia all'Università Bicocca di Milano. Non sono iscritto a partiti politici e fino alla fusione di Alleanza nazionale con il Pdl votavo per Fini.

Come aspirante sociologo, all'università dovevo presentare un lavoro di ricerca con metodo etnografico (una metodologia di ricerca sociale che prevede l'osservazione partecipante e permette di comprendere le dinamiche di gruppo). Ho scelto di studiare la gente che presidiava il gazebo a favore del presidente Silvio Berlusconi, al di fuori del Palazzo di giustizia di Milano. Questo è un riassunto di quello che ho visto e sentito.

I primi approcci

Il mio studio inizia il 9 febbraio, il giorno in cui la procura di Milano inoltra al gip la richiesta di giudizio immediato per i due reati contestati nel cosiddetto "Rubygate", concussione e prostituzione minorile. E' da quel mercoledì che s'intensifica infatti la mobilitazione pro-Berlusconi attraverso il gazebo al di fuori del Palazzo di Giustizia di Milano.

Il gazebo in questione è una struttura bianca, che ogni mattina - fino almeno lunedì scorso - viene montata poco prima delle 9, dopo l'arrivo di due furgoncini che portano il necessario.

Le persone che popolano il gazebo attaccano alle 9 di mattina e alle 13, puntualissime, se ne vanno: dal lunedì al venerdì, week-end escluso.

Dai furgoncini arriva molto materiale: scatoloni pieni di volantini (diverse migliaia), striscioni, palloncini, bandiere, tutte cose che vengono distribuite in abbondanza.

In generale, attorno ai gazebo niente sembra accadere per caso. Ci sono sempre alcune persone, generalmente un po' in disparte, che ogni tanto parlano ai gruppetti e danno ordini di scuderia, del tipo: "Oggi non rilasciate interviste", come nel giorno della prima udienza del processo Mediatrade.

A parte i giorni in cui Berlusconi presenzia ai processi, il numero di persone del gazebo non supera mai la ventina, con una proporzione paritaria tra uomini e donne. L'età media è alta, gran parte over 55.

Parlando con quasi tutti ho verificato la loro istruzione (in generale medio-bassa) e la loro condizione sociale: si tratta per lo più di pensionati e disoccupati.

La maggior parte si muove in gruppetti, pochi sono i cani sciolti. Ci sono poi due signore (una sui 50 anni e una sui 25) che passano con una cartellina prendendo nomi e indirizzi di alcuni presenti (non ho capito bene a che scopo, comunque sembra un appello).

L'impressione è che ci siano due livelli di supporter: quelli più importanti, di rango, a capi dei gruppetti, e i semplici manifestanti. Curioso il caso di alcuni uomini, tra i 45 e i 60 anni, che si riuniscono sempre attorno al semaforo attiguo al gazebo. Rappresentano quasi un terzo della forza manifestante e a quanto ho compreso sono tutti colleghi di lavoro. Parlare con loro però è impossibile, perché non vogliono rispondere e temono che ci siano giornalisti pronti a registrarli.

Le risposte alle domande

Dopo il primo primo periodo di avvistamento esterno, ho iniziato ad avvicinarmi di tanto in tanto ai fan berlusconiani.

Ho iniziato anche a porre domande più politiche: "Siete iscritti a qualche partito? Perché siete qui? E' vero che vi pagano?". A queste mi hanno risposto sempre le stesse due o tre persone, che parlavano come un libro stampato: "Siamo liberi cittadini, che spontaneamente si sono mobilitati liberamente in difesa del premier". I due aggettivi - spontaneo e libero - venivano ripetuti continuamente dai pochissimi che accettavano di parlare.

Gli altri discorsi dei sostenitori erano sempre molto simili tra loro: "Berlusconi ha abbassato le tasse, i comunisti le hanno alzate. Prodi ci ha fatto entrare nell'euro (vista come una cosa negativa). Noi abbiamo vinto le elezioni e adesso devono sconfiggerci alle urne. Prima parlavano dell'amore libero, adesso fanno i bacchettoni".

Molti dicevano di essere assidui telespettatori de "L'ultima parola" di Gianluigi Paragone, e si organizzavano in gruppo anche per andare alla sua trasmissione. Nonché di essere fedeli di "Radio Londra" di Giuliano Ferrara. Pochissimi conoscevano la riforma della giustizia o di cosa trattasse il processo Mediatrade per il quale erano al gazebo. Quando è arrivato l'imitatore di Bruno Vespa di "Striscia la Notizia", sapevano invece benissimo chi fosse.

Un paio di volte al giorno, lungo la settimana dal 4 all'8 aprile, passavano in corso di Porta Vittoria alcuni sostenitori del premier in macchina inneggiando al gazebo. Uno gridava: "Bravi, date addosso a questi compagni di merda".

Un uomo sulla sessantina, che il 6 aprile girava con una gigantografia della prima pagina de "Il Giornale", spiegava ai giornalisti stranieri che la Federazione dei giovani comunisti italiani, negli anni Settanta, riceveva fondi dall'Urss per finanziare corsi di formazione e preparare le nuove leve della magistratura, oggi in carica. Perché? Semplice, l'Unione Sovietica aveva intuito che tra le istituzioni costituzionali la magistratura era il tassello più debole e attaccabile. Ed ecco perché oggi i giudici comunisti italiani ce l'hanno tanto con Berlusconi.

Il 4 aprile, giorno di udienza al processo Mediatrade, ho deciso di provare a presentarmi ad alcuni come un supporter berlusconiano: ho detto a un gruppetto di essere un giovane tesserato del Pdl della provincia di Alessandria. Subito un sedicente coordinatore di zona del Pdl di circa 80 anni è venuto a farmi domande sul Pdl locale: credo volesse provare a vedere se ero sincero o meno.

Basta che paghino

Sono andato lì per cercare di capire le motivazioni profonde della manifestazione ma non ho trovavo nulla di chiaro e concreto, oltre gli slogan. Mi ha colpito però l'atteggiamento da partita di calcio: la gente del gazebo si identifica con la caratterizzazione del nemico, che è sempre "il comunista". E la sua squadra non può essere scissa dal capitano: per loro Berlusconi e il Pdl sono la stessa cosa, e il partito è come se fosse un corollario del premier.

In generale, la gente del gazebo si vanta di aver visto almeno una volta nella vita, da vicino, Berlusconi o Ghedini.

Mi ha molto colpito un gruppetto di signore tra i 40 e i 50 anni, già viste in altre manifestazioni del Pdl, che erano quasi sacerdotesse del culto: gridavano "Silvio, Silvio" e guidavano i cori. Spesso con apparente livore e rabbia.

Poi ho intuito che però le motivazioni della presenza quotidiana di alcuni sono diverse: è stato quando ho sentito parlare di "premio" e di "incentivazione". Lunedì 4 aprile, giorno del processo Mediatrade, un uomo sulla sessantina, in giacca e cravatta, con i baffetti, si è avvicinato al gruppo che presidiava il semaforo antistante il gazebo e ha detto: "Lunedì prossimo vi spostate ai punti della campagna elettorale della Letizia Moratti". E uno di loro ha risposto: "Quello che vuoi, basta che paghino".

Da lì ho provato a verificare se ci fossero effettivamente dei pagamenti sottobanco, ma non è stato possibile. Erano sempre le stesse persone a presidiare il gazebo, una ventina, e un gruppo molto chiuso. Una volta ho provato ad avvicinarmi a tre ragazzi dicendo: "Sono qui per il presidente!". Non sono riuscito ad aggiungere altro: appena hanno visto una faccia sconosciuta, si sono dileguati.

da l'espresso

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