mercoledì 20 aprile 2011

APRIAMO GLI OCCHI: Emma è sola, i precari di più

di Massimo Riva


La Marcegaglia si lamenta perché il governo non si fila gli industriali. Vero, ma la politica si disinteressa di fasce sociale ben più deboli: i disoccupati, i 'flessibili', i pensionati, perfino i piccoli azionisti(15 aprile 2011)Emma MarcegagliaMai come oggi gli imprenditori italiani si sentono soli. Sono parole pesanti quelle pronunciate da Emma Marcegaglia perché segnano una rottura con il governo in carica così esplicita da non avere riscontri nella lunga storia dei rapporti fra Confindustria e potere politico. C'è chi, magari con malizia, le ha giudicate come un tappeto rosso steso ai piedi del suo predecessore, Luca di Montezemolo, per quell'ingresso nell'agone elettorale di cui si parla da tempo. E il fatto che questi si sia prontamente allineato all'inattesa sortita può avvalorare questa interpretazione.

Chi voglia, però, guardare non il dito ma la luna indicata dalla Marcegaglia deve prendere atto che quelle sue parole portano alla luce del giorno soprattutto un profondo malessere, diffuso nel sistema industriale di fronte a un governo capace soltanto di produrre montagne di annunci da cui non escono nemmeno topolini. Malessere, tuttavia, che non lascia il mondo confindustriale così solo come dice la sua presidente.
A ben guardare l'Italia d'oggi, infatti, tanti sono coloro che, in materia d'abbandono, possono fare ampia e folta compagnia a Marcegaglia e soci. Primi fra tutti, in termini del resto speculari, quei milioni di disoccupati o di cassintegrati la cui solitudine quotidiana è socialmente e umanamente ancora più dura da vivere di quella degli imprenditori. Se questi ultimi si sentono frustrati dall'assenza di un qualunque sostegno di politica industriale alle loro iniziative, figuriamoci quale può essere lo stato d'animo di coloro che vedono appesa la propria sopravvivenza a decisioni o a non scelte che maturano a loro insaputa in sedi lontane e secondo criteri sovente occasionali.

Altri e più specifici portatori di una solitudine disperata sono poi quei tre/quattro milioni di lavoratori cosiddetti precari cui la legge e la congiuntura negano ogni progetto di vita stabile, facendo balenare (ai più fortunati) la prospettiva finale di una pensione da autentica miseria. E che dire poi, a proposito di pensioni, di quell'altro blocco di italiani anziani che si vede costretto a campare con trattamenti mensili da 400 o 500 euro senza che nessuno si curi di reintegrarne neppure il potere d'acquisto, eroso da un'inflazione più feroce proprio sui beni di prima necessità? Anche costoro sono soli, anzi solissimi perché ormai estranei a qualunque circuito produttivo.

Lungo, troppo lungo sarebbe l'elenco degli italiani che possono contestare agli uomini di Confindustria il primato della solitudine e dell'abbandono. Ce ne sono perfino tra coloro che pure qualche risparmio da parte lo tengono come l'esercito dei piccoli azionisti. Non solo da finanzieri di poco scrupolo, ma anche dal governo i risparmi di costoro sono trattati come carne da cannone da usare in guerre di potere che talvolta - con l'assenso di Autorità come la Consob - si ha l'improntitudine di nascondere dietro il tricolore del superiore interesse nazionale. Come accaduto già con Alitalia e oggi si vuol replicare con i casi Ligresti e Parmalat.

Se davvero Confindustria vuole spezzare il cerchio della solitudine dentro cui si sente oppressa, se davvero Luca di Montezemolo vuole farsi alfiere di una riscossa politica dell'Italia abbandonata a se stessa, si ricordino l'una e l'altro che c'è un paese in forte sofferenza anche oltre i cancelli delle imprese.

L'ESPRESSO

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