giovedì 14 aprile 2011

E la crisi peggiora...

Circa mille persone in Altotevere tirano avanti grazie alla busta viveri che la Caritas distribuisce ogni settimana


di Enzo Rossi


Ogni settimana la Caritas tifernate distribuisce circa 300 buste viveri ad altrettante famiglie di Città di Castello e San Giustino. Ciò significa che oggi, nella parte più ricca dell’Umbria, un migliaio di persone sopravvivono grazie al contributo di un’associazione benefica. E almeno un terzo di esse sono italiane. È un dato fisiologico, si potrebbe eccepire, visto che quei mille cittadini rappresentano appena il due per cento scarso della popolazione dei due comuni altotiberini. Ma fermarsi al semplice elemento statistico sarebbe un errore, perché le ripercussioni della crisi economica sulla nostra realtà sociale hanno radici ben più profonde e complesse di quanto possa apparire a prima vista. E poi non tutti coloro che sono in difficoltà si rivolgono alla Caritas.
Un altro elemento, apparentemente distante, può aiutarci a comprendere meglio la situazione. Riguarda i tagli ai fondi statali di carattere sociale effettuati dall’ultima legge finanziaria. Ne ha parlato diffusamente Rodrigo Rivas nello scorso numero de l’altrapagina. Le diverse voci di spesa che compongono il bilancio del welfare nel 2009 hanno subito una riduzione nei confronti dell’anno precedente del 30,5% e nel 2010 riguardo al 2009 c’è stata una ulteriore sforbiciata del 15,9%. Ma il taglio incredibile è avvenuto nel 2011 rispetto al 2010: meno 76,3%. Un colpo di mannaia che in quattro anni (dal 2008 al 2011) ha ridotto i fondi statali di carattere sociale da 2.520 milioni di euro a 349,4. Con voci come “Fondo inclusione immigrati” e “Fondo servizi all’infanzia” che nel 2011 sono state completamente azzerate, mentre il “Fondo per le politiche della famiglia” è sceso dai 346,5 milioni del 2008 ai 52,5 del 2011.


Ma questi tagli che ripercussioni avranno in Altotevere e in particolare a Città di Castello? Nel 2011, ci dicono i funzionari del comune tifernate, disporremo di circa 350 mila euro in meno da destinare alla spesa sociale, con una riduzione delle entrate di circa il 25% rispetto all’anno precedente. Un taglio importante, ma ancora gestibile, perché nel 2011 il Comune introita i fondi stanziati nel 2010. Questo ritardo, una volta tanto “provvidenziale”, permette all’Amministrazione di sopravvivere ancora per un altro anno. Le previsioni per il 2012 sono invece catastrofiche. Ai comuni, compreso quindi quello di Città di Castello, verranno a mancare buona parte dei soldi stanziati dallo Stato e dalla Regione che costituiscono più o meno il 50% del fondo per le spese sociali. L’altro 50% è a carico del Comune, che difficilmente riuscirà a garantire lo stesso stanziamento dell’anno precedente. E allora diventa più che mai importante una gestione oculata delle pochissime risorse disponibili. Comunque tagli ci saranno, fin da quest’anno. Ma dove e come intervenire, con il bisturi o con l’accetta, lo dovrà stabilire la politica. Il pro sindaco Bacchetta, soprattutto in questo periodo elettorale, non ha alcuna voglia di entrare nei dettagli e si mantiene sulle generali. Ci parla di due nuovi servizi che dovranno entrare in funzione tra poco: il Centro Alzheimer di Trestina e il Centro diurno per minori disabili di Piosina. Due progetti della durata di tre anni finanziati dal Prina (Programma regionale per la non autosufficienza). Poi… si vedrà. «La situazione è drammatica» ci dice il pro sindaco tifernate. «I comuni sono stretti in una morsa che non lascia loro vie d’uscita. Da un lato ci sono i tagli incredibili sulle spese correnti, quelli di cui stiamo parlando, e dall’altro il Patto di stabilità che non ci permette di fare investimenti, nonostante ci siano soldi a disposizione». Ma, insistiamo, il Comune quali spese taglierà? «Un po’ tutte – ribatte Bacchetta – perché nessuna voce del bilancio sociale può essere azzerata a cuor leggero. E allora è preferibile fare un taglio orizzontale». Eppure sono in molti a chiedersi se, viste le difficoltà, non sia il caso di rivedere il meccanismo dei contributi a pioggia elargiti ai gruppi più disparati. «Certo, alcune scelte dovranno essere rimesse in discussione. E forse è il caso di avviare rapporti diversi con imprenditori privati interessati a destinare una parte delle loro risorse a garantire servizi per le fasce più deboli della popolazione». Non sarà facile, però, trovare mecenati totalmente disinteressati.


L’altra faccia della crisi, quella che riguarda le attività produttive, ce la descrive Alessandro Piergentili, segretario Cgil dell’Altotevere. «Nell’area di Città di Castello e San Giustino – dice – nel 2010 hanno perso il lavoro circa 370 persone. Soprattutto giovani e donne. Alcuni hanno usufruito degli ammortizzatori sociali, altri no, purtroppo». E ciò nonostante si sia tentato in tutti i modi consentiti dalla legge di utilizzare al massimo la Cassa integrazione ordinaria e quella in deroga, per cercare di non buttar fuori i lavoratori e non perdere le loro professionalità. «Si è trattato – precisa Piergentili – di un impegno congiunto che ha coinvolto sindacati e datori di lavoro, oltre che l’Amministrazione comunale, la quale ha cercato, attraverso accordi con le banche, di agevolare la possibilità di utilizzo del Trattamento di fine rapporto».
La crisi comunque si fa sentire in modo pesante, soprattutto tra i precari e i lavoratori meno garantiti. Gli stagionali, prevalentemente stranieri, che lavorano nel tabacco, per esempio, si contendono in maniera accanita le giornate disponibili. Un certo numero di giorni lavorati consente infatti di poter usufruire dell’indennità di disoccupazione: una boccata d’ossigeno che permette al salariato di tirare avanti ancora per un altro po’ di tempo.


Alessandro Piergentili, nonostante il quadro non certo rassicurante, ritiene che l’Altotevere abbia comunque le capacità e le potenzialità per uscire dalla crisi. Ci sono delle eccellenze, dice, che vanno valorizzate. E da lì occorre ripartire. Basta pensare al settore grafico-editoriale, conosciuto in tutta Italia, per rendersene conto (il gruppo Pigini di Loreto, per esempio, ha rilevato la Ponti editoriale e tra poco avvierà parte della sua attività a Città di Castello). Ci vuole però una politica in grado di ripensare in maniera organica lo sviluppo di questo territorio in modo da renderlo di nuovo protagonista. «Sarebbe un errore – conclude il segretario Cgil – pensare che per uscire dalla crisi si debbano utilizzare le forme più bieche di sfruttamento dei lavoratori».
Intanto, in attesa di una nuova politica che fa fatica ad affermarsi, tocca ancora alla Caritas farsi carico delle necessità dei più deboli. E spesso, come ci fa notare Paola Biccheri responsabile del Banco alimentare di Riosecco, sono proprio le donne a subire gli effetti più pesanti della crisi. Donne separate oppure con il marito in carcere che devono comunque provvedere al mantenimento della famiglia. Ed è per questo che la “busta viveri” viene richiesta da un numero crescente di famiglie, mentre usufruiscono del servizio mensa circa 40-45 persone al giorno, tra cui anche «diversi italiani anziani».



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