lunedì 4 aprile 2011

Made in Italy

A proposito della guerra in Libia, riporto il post di Andrea Sarubbi sulle armi italiane vendute da quelle parti...




Bombe, siluri, razzi ed aeromobili in Arabia Saudita; armi o sistemi d’arma in Australia; apparecchiature per la direzione del tiro ed aeromobili in Corea del Sud; bombe, siluri e razzi in Egitto; aeromobili, apparecchiature per la direzione del tiro e munizioni negli Emirati Arabi; aeromobili e navi da guerra in India; aeromobili e veicoli terrestri in Libia; aeromobili, navi da guerra, bombe e sistemi d’arma in Malesia; aeromobili in Oman; bombe e munizioni in Pakistan; aeromobili, bombe, siluri e munizioni a Singapore. Avete appena letto un breve sunto – naturalmente non esaustivo – delle nostre esportazioni (già avvenute o almeno già autorizzate): i visionari come me, che ci ritenevano famosi per l’alta moda e i grandi vini, possono continuare a vantarsi di non aver capito nulla della vita.
Non so quanto la notizia sia diffusa, perché i mass media non aiutano a diffonderla, ma ogni anno – dal 1990 a questa parte – il governo ha l’obbligo di presentare due documenti sulle esportazioni di materiale militare: un rapporto riassuntivo e una relazione più dettagliata al Parlamento, predisposta dal ministero dell’Economia. I dati del rapporto 2010 sono stati pubblicati ieri, e da una prima lettura i nonviolenti potrebbero gridare vittoria: rispetto al 2009, infatti, gli investimenti militari si sono ridotti, principalmente a causa della crisi economica. Mentre da noi si rilancia l’economia con i cacciabombardieri, infatti, altrove capiscono che non è il momento di giocare a Guerre stellari e quindi rimandano le commesse più grandi. Detto questo, però, non c’è molto di cui gioire: innanzitutto perché alla fine i clienti rimangono quelli (rispetto al 2008, ci comprano meno armi perché hanno meno soldi, ma non è che smettano di spararsi con le nostre munizioni o di tirare le nostre bombe dai nostri aeromobili); inoltre, perché –come spiega bene Altreconomia – tra chi ha ricevuto le armi italiane ci sono pure i nostri dirimpettai del Mediterraneo, “Libia di Gheddafi in testa”. Complessivamente, la zona Africa e Vicino Medio Oriente rappresenta, da sola, più di un quinto delle nostre commesse. Migliori clienti: gli Emirati, che tra l’altro partecipano alle operazioni militari in Libia ed hanno appena mandato una dozzina di aerei nella base sarda di Decimomannu. Poi quell’Arabia saudita che ha appena invaso il Bahrein, immaginiamo utilizzando anche le nostre forniture. Poi l’Algeria, che non è famosa nel mondo per essere un posto tranquillo. Poi due nostri partner Nato (Usa e Gran Bretagna) e quindi l’India, che ha ancora aperto il fronte del Kashmir. Ma siccome siamo equidistanti, dicevo prima, noi non facciamo mancare bombe e munizioni neppure al Pakistan: poi se la vedano loro. Ma è il capitolo Libia, vista la situazione attuale, quello che merita una parola in più: solo nel 2010 ha ricevuto armamenti italiani per 100 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti i 38 delle autorizzazioni più recenti. Per capirci, insomma, Gheddafi ci sta sparando addosso la roba che gli abbiamo venduto noi.


Fonte: http://www.andreasarubbi.it/?p=5956#more-5956 

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