sabato 27 agosto 2011

I COSTI DELLA POLITICA E LA MANOVRA SECONDO IL PD: COSA NE PENSI?




Dopo l'ennesima manovra di Tremonti, il Partito Democratico ha presentato le sue proposte alternative per affrontare l'attuale fase di crisi. 
Sono dieci punti forti che garantirebbero equità e sviluppo sostenibile.

1. Istituzioni più snelle e taglio ai costi della politica. Interventi per riorganizzare e ristrutturare l’assetto istituzionale centrale e territoriale e le pubbliche amministrazioni. In particolare: dimezzamento del numero dei parlamentari; interventi sistematici e coordinati su Regioni, Province, Comuni per lo snellimento degli organi di rappresentanza e di governo, per l’obbligo della gestione associata di tutte le funzioni nei comuni con meno di 5000, il dimezzamento delle Province o, in alternativa, la loro trasformazione in enti di secondo livello: accorpamento degli uffici periferici dello Stato, radicale riduzione delle società partecipate da Regioni, Province e Comuni ed eliminazione degli organi societari per le società “in house” (oltre 50.000 incarichi), soppressione di enti, agenzie ed organismi, intermedi e strumentali, (consorzi di bonifica, bacini imbriferi montani, enti parco regionali) con attribuzione delle funzioni a Regioni. Province e Comuni, centrale unica per gli acquisti di beni e servizi per ogni articolazione delle pubbliche amministrazioni; riavvio della “spending review”, per realizzare, per ciascuna amministrazione, veri e propri piani industriali; revisione delle norme sugli appalti, in particolare per una drastica riduzione del numero delle stazioni appaltanti.

2. Dismissioni immobili e frequenze. Un piano quinquennale di dismissione e valorizzazione di immobili demaniali in partenariato con gli enti locali per almeno 25 miliardi di euro e l’introduzione di un’asta competitiva per le frequenze televisive.

3. Liberalizzazioni. Un pacchetto di interventi per rafforzare e dare operatività immediata alle misure di liberalizzazione dei servizi professionali, della distribuzione dei farmaci, della filiera petrolifera, del RC auto, dei servizi bancari, delle reti energetiche, dei servizi pubblici locali.

4. 
Politiche industriali per lo sviluppo sostenibile, il lavoro, il Mezzogiorno. Tra l’altro: la stabilizzazione dell’agevolazione fiscale del 55% per l’efficienza energetica (in scadenza al 32/12/2011); progetti per l’innovazione tecnologica italiana e la ricerca, con attenzione prioritaria alle straordinarie risorse potenziali del Mezzogiorno; il finanziamento pluriennale del contratto di apprendistato recentemente riformato; revisione dell’intervento sull’Istituto per il Commercio Estero; revisione per la semplificazione e l’adattamento alle diverse dimensioni aziendali del Sistri

5. 
Una politica vera contro l’evasione fiscale. Un pacchetto di misure efficaci contro l’evasione fiscale, per raccogliere risorse da utilizzare in via prioritaria: per la riduzione dei contributi sociali sui contratti a tempo indeterminato al fine di eliminare i vantaggi di costo dei contratti precari; alla riduzione dell’Irpef; alla graduale eliminazione del costo del lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile dell’Irap. Tra le altre misure il Pd propone: la tracciabilità, a fini anti-riciclaggio, dei pagamenti superiori a 1.000 euro e, a fini anti-evasione, dei pagamenti superiori a 300 euro; la comunicazione da parte delle imprese dell’elenco clienti-fornitori; la parziale o totale deducibilità delle spese per la manutenzione della casa di abitazione.

6.
 L’imposta ordinaria sui grandi valori immobiliari. L’introduzione di una imposta erariale ordinaria sui grandi valori immobiliari, basata su criteri fortemente progressivi.

7.
 Il contributo di solidarietà dai capitali scudati. Un’imposta patrimoniale una tantum del 15% sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e condonati attraverso lo scudo fiscale del 2003 e del 2009 e, a titolo di saldo del debito fiscale, del 30% sui patrimoni “non scudati” detenuti nei paradisi fiscali, in modo da avvicinare l’intervento italiano alle medie delle analoghe misure prese nei principali paesi industrializzati e di reperire risorse da dedicare agli interventi per lo sviluppo sostenibile. Parte delle risorse così raccolte vanno utilizzate per finanziare il pagamento di una parte dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni nei confronti delle piccole e medie imprese e per alleggerire il patto di stabilità interno, così da consentire immediati investimenti ai Comuni.

8. L’autonomia delle parti sociali. Il Decreto del governo viola il principio da tutti riconosciuto della non intrusività delle norme di legge nei rapporti tra le parti sociali. Di conseguenza, va soppresso l’articolo 8 o, in alternativa, va cambiato in modo da recepire i punti fondamentali dell’accordo raggiunto dalle parti sociali il 28 giugno scorso.

9.
 Contro il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e il caporalato. La revisione delle norme sulle “false comunicazioni sociali” affinché il “falso in bilancio” torni ad essere reato punito severamente e vengano eliminate le clausole di non punibilità; revisione della normativa sull’autoriciclaggio ed irrobustimento delle norme contro il “caporalato”.

10.
 Giustizia. Interventi per l’efficienza della Giustizia, a cominciare dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie (razionalizzazione, gestione migliore del personale, più efficienza), dall’istituzione dell’ufficio per il processo (unità operativa in grado di svolgere tutti i compiti) e dalla semplificazione ed unificazione dei riti nella giustizia civile.

Difficile dire se questo decalogo possa essere sufficiente per superare la tempesta economico-finanziaria che si è abbattuta sul nostro paese in questa calda estate 2011, soprattutto per colpa di speculatori internazionali e di un governo balneare, sempre più diviso e privo di idee, che dopo aver ignorato la realtà, ha pensato bene di dedicarsi ai problemi del Presidente del Consiglio.

Ma parlando fra di noi e con la gente, il tema più sentito e politicamente più rilevante per il principale partito dell'opposizione è proprio il primo: il taglio ai costi della politica e la realizzazione di un sistema istituzionale più snello, in grado di rispondere alle esigenze della cittadinanza con efficacia, efficienza ed economicità.
Su questo s'apre il secondo tempo del nostro dibattito.
Non ci nascondiamo in particolare che ogni decisione avrebbe una ricaduta anche sul nostro territorio, ad esempio sembra proprio che il Partito Democratico sposi per l'Umbria l'idea della soppressione della provincia di Terni (“dimezzamento delle province”) o la trasformazione di entrambe le province umbre in enti di secondo livello (un po' delle “nuove” comunità montane).
Ma a noi interessa l'opinione dei cittadini. E allora: cosa pensi dei costi attuali della politica, nazionale e locale e quali sarebbero i provvedimenti da prendere?


La Segreteria del Partito Democratico di San Giustino

sabato 20 agosto 2011

LA QUESTIONE MORALE, OGGI...

Apriamo un DIBATTITO: cosa fare per vincere il disprezzo nei confronti della politica e arginare la corruzione e la brutta politica dei nostri giorni?
In questo articolo, proponiamo alcune riflessioni influenzate dall'articolo di Michele Salvati sul Corriere della Sera del 6 agosto 2011, dal titolo “La corruzione e gli argomenti del PD”.




Nelle ultime settimane, il Partito Democratico nazionale e dell'Umbria ha conosciuto vari casi di propri esponenti politici coinvolti in indagini della magistratura relativamente a casi di possibile concussione, ricatto, mal governo. I dirigenti del nostro partito a livello nazionale e regionale hanno dato una loro riposta anche pubblica, attraverso comunicati stampa e interviste.
Sembra chiaro, però, che questo non basta e che quello che si è sentito e letto è viziato di debolezza e forse anche di qualche segno di incongruenza fra i vari ordini e i vari casi. Si è rimasti un linguaggio e un modo di ragionare (e di comportarsi) che potremmo chiamare “politichese”, che rientra fra i nemici veri del partito Democratico.
Il Partito Democratico di San Giustino mette in piedi una discussione pubblica alla quale sono invitati tutti i cittadini democratici (e non solo quelli iscritti al PD) che vogliono contribuire al dibattito relativo alla questione morale nella politica italiana di questi giorni.
Il commento in accordo o disaccordo a queste idee e ogni altra riflessione può essere inviata per posta elettronica a pdsangiustino@gmail.com, o aggiunta come commento al blog http://spaziodemocratico.blogspot.com.
Da oggi fino alla fine del mese raccoglieremo le riflessioni e i suggerimenti di tutti e riorganizzeremo il materiale raccolto in un documento che presenteremo come manifesto del PD di San Giustino sulla “questione morale oggi”.


************


Il cittadino comune, che lavora (o cerca il lavoro o che ha rinunciato a trovarlo), che paga le tasse (troppe, per chi le paga), che chiede servizi essenziali (sempre più costosi e più complessi), che legge (raramente) un giornale e guarda (con noia) la televisione, non fa molta differenza tra i politici corrotti e i politici che si auto-attribuiscono remunerazioni spropositate o che nominano a capo di un ente pubblico compagni di partito o amici degli amici.
Sono casi diversi: i primi commettono un reato mentre i secondi approfittano in modo improprio di un potere discrezionale difficilmente sindacabile dalla magistratura, aggravando i costi della politica o contribuendo all'inefficienza dei servizi pubblici.
Per un aspetto importante il cittadino comune ha comunque ragione: tutti questi casi segnalano un grave deficit di etica pubblica e infangano una missione - la politica - che dovrebbe essere svolta con una attenzione esclusiva al bene comune, al vantaggio dei cittadini.
L'antipolitica nasce da qui e il nostro Paese è quello che, in Europa, registra il massimo disprezzo per i politici, per tutti i politici, anche quelli che con la corruzione e il malcostume non hanno nulla a che fare.


Fa male il nostro cittadino a mettere tutti i politici e tutti i partiti nello stesso fascio («sono tutti eguali!»)? Sì, fa male, ma ha buone giustificazioni. Per questo si deve sperare che l'esame di coscienza iniziato nel Pd dopo l'accertamento di casi di corruzione politica al suo interno, o l'apertura di indagini giudiziarie in proposito, dia luogo ad esiti operativi e si estenda anche ad altri partiti.


La discussione non è iniziata bene e i tre principali argomenti che i leader democratici hanno messo in campo non sembrano adeguati.


«Contro di noi si è messa in moto una macchina del fango».
Sarà pur vero, ma ciò è avvenuto anche nei confronti di altri partiti e apre lo spinoso problema del rapporto tra media e politica e in particolare dell'uso e della diffusione delle intercettazioni, sul quale l'asprezza dello scontro tra berlusconiani e antiberlusconiani ha sinora impedito una regolazione efficace e condivisa. E comunque, per tirarcelo il fango, da qualche parte è stato trovato...


«Noi rispettiamo il lavoro dei magistrati e ne attendiamo con fiducia il giudizio».
Questo argomento sarebbe una ovvietà in qualsiasi Paese civile. Nel nostro è soprattutto una ritorsione polemica contro un altro partito che nei confronti della magistratura, o di una parte di essa, non manifesta certo fiducia e cerca di intralciarne il lavoro. Anche invocando la velocità della sentenza, questa risposta non tocca, anzi evita, il problema centrale da cui nasce la sfiducia dei cittadini nella politica, ovvero: che cosa fa il partito per contrastare seriamente comportamenti illegali prima che giungano al vaglio della magistratura? E d'altra parte, che cosa fa per opporsi a comportamenti che illegali non sono (nomine improprie, incarichi ingiustificati, enti inutili o dannosi, remunerazioni esorbitanti) ma che creano costi eccessivi o riducono l'efficienza delle pubbliche amministrazioni di cui i politici sono responsabili?
Come tutti i partiti, il Pd deve presentare al Parlamento un bilancio verificato, che però presenta molte lacune. E soprattutto lascia fuori le amministrazioni locali, dove si verificano i casi più numerosi di malaffare o di cattiva gestione. In pompa magna ha varato un «codice etico», ma è un codice senza denti, la cui gestione non è affidata ad una autorità indipendente.


«Il nostro è un partito sano, e qualche mela marcia è inevitabile».
Questo in parte assomiglia all'argomento dei «mariuoli» della famosa intervista a Bettino Craxi a proposito di Mario Chiesa – era l'inizio del periodo di Mani pulite - e in parte tradisce il vecchio orgoglio della diversità, della superiorità etica, di uno dei due partiti da cui il Pd proviene.
Ma chi ci dice che le cose stiano così?
Oggi non disponiamo di indagini serie sui casi di corruzione o di simili reati contro la pubblica amministrazione divisi per partito di appartenenza e dobbiamo basarci su una evidenza parziale e impressionistica. E quanto alla «diversità» del vecchio Pci, che forse si tramanda in alcuni settori del Pd, si trattava di tutt'altra cosa. Si riferiva all'onestà personale dei militanti e dei funzionari, alla modestia delle loro remunerazioni, alla loro devozione al partito, non alla loro osservanza della legge e delle regole di uno Stato liberal-democratico: in tasca loro non doveva restare nulla, ma tutto ciò che serviva per rafforzare ed estendere l'influenza del partito (dalle nomine alle tangenti ) non trovava ostacoli nella «superiorità etica».
Dobbiamo tutti augurarci che la discussione prosegua e affronti gli argomenti difficili che abbiamo appena toccato, in un partito in cui l'autorità del centro è sempre più debole nei confronti di realtà locali molto diverse.


Quando osserveremo che nei comuni così come nelle regioni con governo di centrosinistra (noi speriamo che le Provincie saranno presto abolite), il Pd propone un amministratore a capo di un ente pubblico soltanto perché, dopo un vaglio accurato, risulta il più idoneo a coprire l'incarico, a prescindere quindi della tessera che ha in tasca o dell'amicizia che può vantare, vorrà dire che la discussione avrà prodotto buoni effetti.
E se anche gli altri partiti si comporteranno nello stesso modo, i sentimenti anti-politici degli italiani cominceranno ad attenuarsi.


« La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico. » (Enrico Berlinguer, da un'intervista a la Repubblica del 28 luglio 1981)

lunedì 15 agosto 2011

LA QUESTIONE MORALE IERI E OGGI

Non si puo' far finta di nulla.Certo la manovra di un governo incapace nasconde la questione che ha tenuto banco sui giornali delle scorse settimane. Chiamiamola con il nome che merita: QUESTIONE MORALE. Il PD di San Giustino vuole discutere apertamente con chi vuole su questo tema. Nei prossimi giorni anche attraverso questo spazio pubblico, SPAZIODEMOCRATICO, il nostro blog.  
Partiamo da trenta anni fa. Luglio 1981, prima di tangentopoli e prima del berlusconismo. Il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, è intervistato dal direttore di Repubblica proprio sulla delicatissima questione morale. Ho evidenziato (in rosso, ovviamente) qualche punto, che mi pare non soltanto saliente e degno di attenzione, bensì di desolante attualità. 



 Intervista a Enrico Berlinguer
di Eugenio Scalfari


* * *
La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”. La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora…

Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
È quello che io penso.

Per quale motivo?
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c’è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.
E secondo lei non corrisponde alla situazione?

Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.
La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel ’74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell’81 per l’aborto, gli italiani hanno fornito l’immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

Veniamo all’altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.
In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l’andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito “diverso” dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.

Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d’infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C’è da averne paura?
Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all’equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?

Veniamo alla seconda diversità.
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.

Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.
Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant’anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.

Non voi soltanto.
È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell’economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l’iniziativa individuale sia insostituibile, che l’impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell’attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?

Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un’offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.
Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s’intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l’occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.

Dunque, siete un partito socialista serio…
…nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo…

Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?
No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c’è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.

Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c’è o no?
Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c’è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.


Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d’accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l’inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell’obiettivo. È anche lei del medesimo parere?
Risponderò nello stesso modo di Mitterrand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L’inflazione è -se vogliamo- l’altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l’una e contro l’altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l’inflazione si debba pagare il prezzo d’una recessione massiccia e d’una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.


Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell’ “austerità”. Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito…
Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industrializzati -di fronte all’aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all’avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la “civiltà dei consumi”, con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell’austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell’economia, ma che l’insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l’avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell’austerità e della contemporanea lotta all’inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.


E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?
Il costo del lavoro va anch’esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell’aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire.

«La Repubblica», 28 luglio 1981
A cura di Alessandra Colla
Fonte: www.alessandracolla.net
Link: http://www.alessandracolla.net/2011/07/29/enrico-berlinguer-e-la-questione-morale/

domenica 14 agosto 2011

La manovra alternativa del PD



Le decisioni prese dal Consiglio dei ministri sono inadeguate e poco credibili rispetto alla sfida che il paese ha di fronte anche sul piano internazionale e fortemente inique sul piano sociale e fiscale.
Gli esempi più eclatanti riguardano in particolare l’anticipo della delega sull’assistenza, che facilmente si tradurrà in un drastico taglio degli sgravi fiscali, scaricando sulle famiglie una parte rilevante dell’intera operazione di riduzione del disavanzo pubblico, colpendo in modo particolare i nuclei meno abbienti. La mancata precisazione degli interventi da inoltre all’anticipazione di questa delega un carattere generico e di incertezza che non corrisponde all’esigenza di credibilità della manovra. L’intervento sugli enti locali è ancora insufficiente sul piano del riordino istituzionale, ma fortemente incisivo sul livello dei servizi, livello che invece va mantenuto e in alcuni casi irrobustito. Il contributo di solidarietà incide sui ceti popolari e sui ceti medi che pagano le tasse. In sostanza paga chi già paga. L’intervento sul Tfr dei dipendenti pubblici non porta efficienza, ma rappresenta un peso sui ceti medi e bassi. Gli interventi sulle relazioni industriali e sui rapporti di lavoro rappresentano una notevole intromissione nei rapporti e nell’autonomia delle parti sociali. Molte di queste misure dovranno essere abolite o fortemente alleggerite.
In sostanza, la manovra del governo scarica il costo del rientro dal deficit pubblico sui ceti popolari e sugli onesti che pagano le tasse. E’ inoltre un intervento destinato a deprimere l’economia invece di rilanciarla e non prevede nulla di significativo per la crescita.
Il Partito Democratico ritiene dunque che debbano essere adottare soluzioni più efficienti e più eque, che facciano pagare non chi paga già, ma chi non paga mai, che portino allo stesso risultato sul piano dei saldi di bilancio, ma che siano anche in grado di fornire un sostegno selettivo alla crescita.


Il Pd non si sottrae dunque alla sfida che il paese ha di fronte e mette a disposizione il proprio contro piano, un progetto responsabile e alternativo per il bene del paese. Per l’abolizione o il forte alleggerimento delle inique misure del governo noi dunque proponiamo:


1. Per affrontare l’emergenza si prevede un prelievo straordinario una tantum sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati, in modo da perequare il prelievo su questi cespiti alla armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20 per cento e di adeguare l’intervento italiano alle medie delle analoghe misure prese nei principali paesi industrializzati. Gran parte di questi 15 miliardi dovrà essere utilizzata per i pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese e per alleggerire il patto di stabilità interno così da consentire immediati investimenti da parte dei comuni.


2. Un pacchetto di misure efficaci e non solo di facciata contro l’evasione fiscale, tali da produrre effetti immediati, consistenti e concreti. Si propongono dunque alcuni interventi, tra i quali figurano le misure anti-evasione che in parte riprendono quelle dolosamente abolite dal governo Berlusconi:
a) tracciabilità dei pagamenti superiori a 1.000 euro (pensare a somme più elevate significa lasciare di fatto tutto come è oggi) ai fini del riciclaggio e soglie più basse, a partire dai 300 euro, per l’obbligo del pagamento elettronico per prestazioni e servizi;
b) obbligo di tenere l’elenco clienti-fornitori, il vero strumento di trasparenza efficiente;
c) descrizione del patrimonio nella dichiarazione del reddito annuo con previsione di severe sanzioni in caso di inadempimento.
3. Introduzione di una imposta ordinaria sui valori immobiliari di mercato, fortemente progressiva, con larghe esenzioni e che inglobi l’attuale imposta comunale unica sugli immobili, in modo di ricollocare l’Italia nella media e nella tradizione di tutti i maggiori paesi avanzati del mondo.


4. Un piano quinquennale di dismissioni di immobili pubblici in partenariato con gli enti locali (obiettivo minimo 25 miliardi di euro).


5. Liberalizzazioni. Il Pd propone di realizzare immediatamente almeno una parte delle proposte di liberalizzazione che il partito ha già preparato e presentato: ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC auto, portabilità dei conti correnti, dei mutui e dei servizi bancari, separazione Snam rete gas, servizi pubblici locali. Il Pd è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Tutto questo si può fare immediatamente senza bisogno di riforme costituzionali.


6. Politiche industriali per la crescita. Il Pd propone di adottare subito misure concrete per alleggerire gli oneri sociali e un pacchetto di progetti per l’efficienza energetica, la tecnologia italiana e la ricerca, con particolare riferimento alle risorse potenziali e sollecitabili del Mezzogiorno. Sarebbe un errore imperdonabile intervenire sul controllo dei conti pubblici senza mettere in campo, sia pure limitatamente alle risorse disponibili, un pacchetto di stimoli alla crescita e per l’occupazione. In questo contesto rientra anche l’implementazione dei più recenti accordi tra le parti sociali senza intromissioni che ledano la loro autonomia.


7. Pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. In Italia la riduzione della spesa deve riguardare non tanto sulla spesa sociale, ma l’area della Pubblica Amministrazione, le istituzioni politiche e i settori collegati. A Cominciare dal Parlamento: il primo passo è il dimezzamento del numero dei parlamentari. Il Pd ha presentato da tre anni proposte specifiche su questo punto. Su sollecitazione dei gruppi parlamentari del Pd la discussione su questi progetti è stata calendarizzata in


Parlamento per settembre. Si agisca immediatamente. Da lì in giù, bisogna intervenire su Regioni, Province, Comuni con lo snellimento degli organi, l’accorpamento dei piccoli comuni, il dimezzamento o più delle province secondo l’emendamento presentato dal Pd e dall’Udc alla manovra di luglio o, in alternativa, riconducendole ad organi di secondo livello, accorpamento degli uffici periferici dello Stato, dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione e controllo stretto per l’acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione. In più: la ripresa di un vero lavoro di spending review, interrotto dal governo Berlusconi, dal punto di vista di una politica industriale per la pubblica amministrazione. Il Pd ha proposte specifiche su ciascuno di questi punti. In particolare sui costi della politica il riferimento è il programma contenuto nell’ordine del giorno presentato due settimane or sono in Parlamento.
La manovra economica che il paese si appresta ad applicare rappresenta un passaggio necessario, ma molto severo. Il Pd eserciterà tutta la propria responsabilità di partito nazionale e alternativo. Ma oggi non si può tacere che se il paese si trova più esposto di altri sul fronte della crisi questo si deve alla responsabilità politica del governo e della sua maggioranza. L’Italia è un grande paese. Ha risorse e capacità. Tre anni fa il debito pubblico era al 104 per cento del Pil, la spesa pubblica era meno forte, le banche non avevano investito somme ingenti nei derivati e nei prodotti finanziari più fragili. Sarebbe bastato non bruciare inutilmente le risorse disponibili, riconoscere la crisi ed avviare un pacchetto di interventi per sostenere la crescita. Per tre anni, pur di fronte agli avvertimenti, all’allarme e alle proposte dell’opposizione, il governo ha negato la crisi e non ha fatto irresponsabilmente nulla.
Il Partito Democratico, responsabile e alternativo, si carica oggi di questa sfida e si propone per offrire al paese un’alternativa credibile, più efficiente, più giusta, in modo che l’Italia possa voltare pagina e riprendere il suo cammino di crescita.
“Sulla base di questi primi ed altri elementi di proposta” dichiara il segretario nazionale del Pd, Pier Luigi Bersani “dal 20 agosto in poi, una volta esaminato il testo presentato dal Consiglio dei ministri, ci rivolgeremo alle forze sociali e alle opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare una più compiuta proposta alternativa agli interventi del governo, a presentare gli emendamenti in Parlamento ed a sollecitare il sostegno dell’opinione pubblica per il cambiamento di una manovra depressiva, poco credibile e ingiusta”.


Fonte: http://beta.partitodemocratico.it/doc/214890/primi-elementi-per-una-manovra-alternativa-del-partito-democratico.htm?utm_source=MailingList&utm_medium=email&utm_campaign=20110813+-+Democratica+-+contro+manovra

sabato 13 agosto 2011

Le province in via di cancellazione

Dal Corriere della Sera online
In Umbria, con la scomparsa di Terni, la provincia di Perugia coinciderebbe con la Regione. Lo stesso accade in Molise con la scomparsa di Isernia e in Basilicata con la cancellazione di Matera. Il prossimo passo lo sappiamo già: la cancellazione delle tre regioni minori che saranno annesse per decreto, rispettivamente alle Marche, all'Abruzzo e alla Puglia. Scommettiamo?

Tremonti e Berlusconi presentano l'ennesima manovra. Ecco i provvedimenti in pillole (AMARE)



Ecco in sintesi le misure del testo del decreto entrato nel consiglio dei ministri.


AUTONOMI
Aumento della quota Irpef per gli autonomi, a partire dall'attuale 41% per i redditi oltre i 55mila euro.
TREDICESIME
I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa potrebbero perdere il pagamento della tredicesima mensilità.
TFR
Pagamento con due anni di ritardo dell'indennità di buonuscita dei lavoratori pubblici.
PENSIONI DONNE
Viene anticipato dal 2020 al 2015 il progressivo innalzamento a 65 anni (entro il 2027) dell'età pensionabile delle donne nel settore privato.
PROVINCE
Dalle prossime elezioni è prevista la soppressione delle Provincie sotto i 300mila abitanti, fusione dei Comuni sotto i mille abitanti, con sindaco anche assessore, e la riduzione dei componenti i Consigli regionali.
PONTI
Le festività infrasettimanali «non concordatarie» saranno accorpate alla domenica, ha spiegato in conferenza stampa il ministro Tremonti.
SCONTRINI
Tracciabilità di tutte le transazioni superiori ai 2.500 euro con comunicazione all'Agenzia delle entrate delle operazioni per le quali è prevista l'applicazione dell'Iva. È inoltre previsto l'inasprimento delle sanzioni, fino alla sospensione dell'attività, per la mancata emissione di fatture o scontrini fiscali.
PENSIONI ANZIANITÀ
Sono previsti interventi disincentivanti per le pensioni di anzianità, con anticipo al 2012 del requisito di 97 anni tra età anagrafica e anni di contribuzione.
CONTRIBUTO SOLIDARIETÀ
Viene esteso ai dipendenti privati la misura già in vigore per i dipendenti pubblici e per i pensionati: prelievo del 5% della parte di reddito eccedente i 90mila euro e del 10% della parte eccedente i 150mila.
MINISTERI
Previsto un taglio di 6 miliardi di euro nel 2012 e 2,5 nel 2013.
ENTI LOCALI
Verranno ridotti 6 miliardi di trasferimenti nel 2012 e 3,5 nel 2013. Per le regioni il peso della riduzione dei fondi è pari a 1 miliardo di euro. La sanità non verrà toccata.
PERDITE
Riduzione per le società al 62,5% della possibilità di abbattimento delle perdite.
RINNOVABILI
Torna l'ipotesi del taglio del 30% degli incentivi. Non potranno essere superiori alla media di quelli erogati negli altri Paesi d'Europa.
MERCATO ELETTRICO
Verso la divisione in tre macrozone (Nord, Centro, Sud).
SERVIZI PUBBLICI LOCALI
Si punta alla liberalizzazione e verranno incentivate le privatizzazioni.
RENDITE AL 20%
La misura vale circa 2 miliardi di euro. Esclusi i titoli di Stato che restano tassati al 12,5%.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-08-12/manovra-ferragosto-ecco-misure-200210.shtml?uuid=AaSOJuvD


Certo restano dei dubbi: riduzione del finanziamento ai partiti (anzi del rimborso), taglio alle spese militari, soppressione dei baracconi statali inutili, riorganizzazione complessivo dello stato con l'eliminazione totale delle province, emersione dell'evasione (quella vera), recupero delle imposte evase e condonate con lo scempio dello "scudo fiscale", revisione delle facilitazioni che lo Stato offre ai soliti noti (penso alle società sportive ma anche - ahimè -alla Chiesa Cattolica) ... non sarebbero stati interventi strutturali più seri?

giovedì 11 agosto 2011

Sant'Anna di Stazzema, 67 anni dopo


Per non dimenticare

Gli orrori di una guerra, di tutte le guerre



A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia.
La furia omicida dei nazi-fascisti si abbattè, improvvisa e implacabile, su tutto e su tutti. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al Pero, ai Coletti, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita, trucidati, bruciati, straziati.
Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera.
La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale, poiché rappresenta una delle pagine più brutali della barbarie nazifascista, il cancro che aveva colpito l’Europa e che devastò i valori della democrazia e della tolleranza. Rappresentò un odioso oltraggio compiuto ai danni della dignità umana. Quel giorno l’uomo decise di negare se stesso, di rinunciare alla difesa ed al rispetto della persona e dei diritti in essa radicati.
E' possibile vedere online il documentario E POI VENNE IL SILENZIO di I. Braschi; ecco il link:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f2075208-01b9-4859-bdd5-86c5ba3615e7.html


Ecco il programma del 12 agosto proposto dal Comune di Stazzema per il 67 anniversario di una strage poco ricordata:
Venerdì 12 agosto
67° Anniversario della Strage di Sant’Anna
Sant’Anna di Stazzema

Piazza della Chiesa
ore 8:30 Celebrazione S. Messa officiata da Don Marco Marchetti, Parroco di Valdicastello, La Culla e S.Anna
ore 9:00 Ritrovo autorità e delegazioni a Sant’Anna
ore 9:30 Deposizione di Corone di Alloro ai cippi e alle lapidi in memoria dei Caduti
ore 9:45 Celebrazione della S. Messa sul sagrato della chiesa, officiata dall’Arcivescovo di Pisa S.E. Giovanni Paolo Benotto
ore 10:30 Partenza della IIIa Edizione della Marcia della Pace Sant’Anna –Marzabotto
ore 10:45 Composizione del Corteo e salita al Monumento Ossario
Monumento Ossario- Col di Cava
ore 11:00 Deposizione Corona di Alloro da parte delle autorità 
ore 11:15 Saluto del Sindaco di Forte dei Marmi, Umberto Buratti, a nome dei Sindaci della Versilia
Saluto del Presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna
Saluto del Prefetto di Lucca, S.E. Dott. Alessio Giuffrida
Orazione del Sindaco di Stazzema e Presidente del Comitato Onoranze ai Martiri di Sant’Anna, Michele Silicani

Orazione Ufficiale del Sindaco di Torino, Città Medaglia d’Oro al Valor Militare, PIERO FASSINO 

Saranno presenti: Regioni, Province e Comuni d’Italia con i propri Gonfaloni

Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema
ore 12:30 Consegna Premio cittadino Europeo a Enrico Pieri, Presidente Associazione Martiri di Sant’Anna. Il riconoscimento è stato conferito dal Parlamento dell’Unione Europea e sarà consegnato dall’eurodeputato On. Niccolò Rinaldi

Tassa sulle rendite e lotta all'evasione La ricetta di Tremonti contro la crisi


Tra le ipotesi il contenimento dei costi della politica e la piena liberalizzazione dei servizi pubblici. Ma la Bce chiede sacrifici anche sulle pensioni

ROMA
«Dobbiamo fare una manovra molto forte». È quanto ha annunciato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti davanti alle commissioni Bilancio e Affari costituzionali di Camera e Senato. In particolare le misure più forti, ha detto, saranno sul 2012 e il 2013. I numeri di dettaglio sono in corso di elaborazione, la scelta politica di come baricentrarsi sul 2012 e sul 2013 è ancora scelta che dobbiamo fare e la presenteremo al consiglio dei ministri. E oggi - ha aggiunto Tremonti - c'è un incontro con il capo dello Stato». Il ministro dell'Economia ha poi illustrato i settori e gli ambiti d'intervento.

Costi della politica«Bisogna intervenire con maggior incisività sui costi della politica» ha spiegato Tremonti. «Dobbiamo tornare sulla materia non solo sui costi dei politici - ha aggiunto - non solo su quanto prendono ma anche su quanti sono. C'è un effetto di blocco, di manomorta».

Liberalizzazione dei servizi pubbliciPer rilanciare la crescita serve «la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali», dei "«servizi professionali e la privatizzazione su larga scala dei servizi locali».

Modifica dell'art.81Per Tremonti la modifica dell'articolo 81 della Costituzione per l'introduzione del vincolo obbligatorio del pareggio di bilancio è necessaria. «Dobbiamo cambiarlo perchè esiste un vincolo in tutta Europa. L'articolo 81 - ha spiegato - non costituisce un caso di successo, siamo arrivati a fare il terzo-quarto debito pubblico del mondo, un record che viene avvicinato da altri paesi. Tuttavia la nostra è posizione oggettivamente straordinaria in rapporto al Pil».

Tassa sulle rendite finanziarie«L'aliquota sulle rendite finanziarie potrebbe essere aumentata dal 12,5% al 20%».L'incremento progettato dal governo, ha spiegato, toccherà i titoli finanziari e non i titoli di Stato.

Lotta all'evasione
Allo studio del governo ci sono anche «forme più forti di contrasto all'evasione fiscale» in particolare nei casi di omessa fattura o scontrino.

Contributi di solidarietàDal lato delle entrate nel decreto che il governo varerà la prossima settimana possono essere previsti dei «contributi di solidarietà».

Diritto di licenziareSul mercato del lavoro ci sono le ipotesi di mettere in campo «una spinta verso la contrattazione a livello aziendale, il superamento di un sistema aziendale rigido e il licenziamento e la dismissione del personale compensato con meccanismi di assicurazione più felici», una «sorta di diritto di licenziare», ma «compensato con migliori posti di lavoro».

Pensioni d'anzianità e innalzamento dell'età minima delle donne
Il ministro dell'Economia ha elencato tutte le misure chieste dalla Bce, ma ha precisato che il governo non ha preso ancora nessuna decisione in merito. Tra queste ce n'è una che riguarda le pensioni d'anzianità e l'innalzamento dell'età di pensionamento delle donne nel settore privato.

FONTE: http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/415415/

lunedì 8 agosto 2011

Morto Ludovico Corrao, politico siciliano e amico di Albero Burri

Sulla figura di Ludovico Corrao, come politico e uomo di cultura in queste ore si possono leggere molte note. A noi, qui, piace ricordarlo come chi politicamente scelse di ricostruire Gibellina nel nome dell'arte e dell'arte di Alberto Burri in particolare. Riportiamo l'articolo che li ha dedicato la pagina locale de LA NAZIONE.
Fonte: http://www.valtiberinaonline.it/notizie/leggi/149112/


Ragazzi in visita ai Cretti di Alberto Burri a Gibellina


SI ERANO incontrati agli inizi degli anni Ottanta, lui e Alberto Burri. L'allora sindaco di Gibellina Ludovico Corrao, assassinato ieri con 7 coltellate, e l'insigne artista di Città di Castello pensarono insieme una delle più grandi e maestose opere: il Cretto di Gibellina. Un lavoro che Burri realizzò su invito di Corrao per lasciare tracce di arte nel Belice, il territorio distrutto dal terremoto. Ludovico Corrao, 84 anni, ex parlamentare prima del Pci poi come indipendente di sinistra, è stato ucciso ieri mattina a coltellate nella sede della Fondazione Orestiadi, di cui era il presidente, a Gibellina, nell'entroterra della provincia di Trapani. A ucciderlo, probabilmente al culmine di un diverbio, è stato un uomo originario del Bangladesh che da quando aveva 12 anni viveva nella Fondazione istituita dallo stesso Corrao. L'ex parlamentare era stato anche avvocato, legale di parte civile di Franca Viola, la prima donna in Sicilia a ribellarsi al matrimonio ‘riparatore', e sindaco di Gibellina negli anni del post terremoto. E' in questi anni, che lo vedono attivo protagonista della ricostruzione del Belice, che Corrao incontra Burri. Particolarmente sensibile e attratto dall'arte del maestro tifernate, con una passione per i suoi Cretti, l'allora sindaco propone a Burri di lasciare sul luogo devastato dal terremoto «un segno, una testimonianza della tragedia a perenne ricordo delle vittime». Nasce in questo modo l'idea di realizzare un enorme Cretto, che si estende sui ruderi come una sorta di bianco sudario.
I lavori iniziano nel 1985. Gli autocarri cominciano a inerpicarsi per trasportare sul luogo i materiali necessari alla realizzazione dell'opera. Ettari ed ettari di terreno per questa opera d'arte architettonica, realizzata sovrapponendola all'antico borgo raso al suolo dal terremoto del Belice nel 1968.
Tra discussioni e polemiche, l'impresa viene interrotta nel 1989, quando ormai il grosso dell'opera è compiuto e resterà per sempre lì, ad eternare il gesto di un artista e di un politico, anime diverse, che insieme scrissero una pagina di storia contemporanea.
La presenza del Cretto di Gibellina aveva comunque mantenuto aperti i canali istituzionali tra quella terra e l'Altotevere. Alcuni anni fa l'allora sindaco Fernanda Cecchini e rappresentanti della Fondazione Burri avevano partecipato proprio a Gibellina all'inaugurazione di una mostra dedicata a Burri e Fontana.

Consiglio comunale aperto sulla E78

Articolo del Corriere dell'Umbria del 6 agosto 2011
Fonte: http://www.corrieredellumbria.it/news.asp?id=65


Per Buschi (sindaco di San Giustino) l’Anas deve rendere pubblico il preliminare dell’opera. Monta la polemica, la politica si divide e la Smai fa pressione.


Agosto caldissimo sul fronte della polemica politica. Dopo la notizia che le grandi direttrici viarie, tra cui la E78 ed E45 saranno a pagamento, l’Altotevere si mobilita e con esso diversi rappresentanti politici. E’ un susseguirsi di reazioni contrastanti. Un botta e risposta tra schieramenti politici che si rinfacciano tentennamenti, litigiosità e tutte le carenze che hanno generato l’empasse sulla realizzazione del tracciato umbro della strada e sul suo finanziamento. A San Giustino, che condivide con il comune capofila molto più di una semplice preoccupazione sul tracciato, l’intero centrodestra consiliare ha presentato istanza urgente chiedendo l’indizione di un consiglio comunale aperto, nella frazione di Selci-Lama entro la prima metà di settembre. Consiglio monotematico interamente dedicato ai nuovi sviluppi in ordine alla E78 e al suo punto di intersezione con la E45. Proprio il sindaco Fabio Buschi reduce dall’incontro istituzionale sullo stato d'attuazione del progetto, pur definendo “positiva l'azione della Provincia perché ha permesso una riapertura della discussione e dei confronti, ritiene determinante il coinvolgimento della Regione Umbria”. Il sindaco rivolge un nuovo appello all’Anas affinché “renda pubblico il preliminare dell'opera, da depositare, e che dovrà necessariamente divenire lo specchio delle indicazioni assunte dalla Regione sulla base degli accordi raggiunti assieme ai Comuni per il miglior tracciato della E78”. Il tracciato, che a suo tempo avevamo indicato - prosegue Buschi - aveva il minor impatto ambientale possibile e ribadiamo anche in questa fase la necessità che certe salvaguardie vadano tenute in conto ed anzi, occorre pensare alla maggior mitigazione possibile dell'impatto dell'arteria nei territori attraversati. Ma se sul tracciato che attraverserà l’Umbria del nord e tutt’ora in sospeso, le polemiche sono momentaneamente sospese, è la questione del pedaggio ad aver scatenato un diluvio di reazioni. A partire dal gruppo “La Sinistra per Castello” che rigetta al mittente qualunque ipotesi di ingresso dei privati. “Una contrarietà non ideologica - afferma la portavoce Marta Melelli - ma dettata dalla consapevolezza della possibile messa in discussione dell'attuale tracciato, considerato il meno impattante da un punto di vista ambientale e paesaggistico, pere convenienze e i profitti dei privati di turno”. Infine la Smai, che raccoglie le istanze del tessuto artigianale locale manifesta tutta la preoccupazione per le polemiche e le divisioni tra enti. Il timore è i che tempi di realizzazione si dilatino all’infinito depauperando le aziende dell'Alto Tevere umbro già penalizzate nella carente viabilità stradale e ferroviaria a rapido scorrimento. Conseguenza, questa, “di una politica partigiana e accentratrice”. “Come artigiani - sostiene la Smai - noi stiamo facendo la nostra parte, pur con le palesi difficoltà finanziare e di mercato che in questi tempi penalizzano ancora una volta le piccole imprese, scaricando su queste gran parte dei costi della crisi”. “Altrettanto dovrebbero fare le istituzioni - chiosa Smai - e le forze politiche che le amministrano, che dovrebbero essere più solerti e più decise nel sostenere la realizzazione a tempi più brevi del tracciato autostradale”


Sandra Biscarini