Giorgio Bocca a ruota libera su giornali, politica e...
di Gabriella Colarusso
Giorgio Bocca è uno che non fa prigionieri. Dell'Italia di oggi, il Partigiano orfano di rivoluzione, non salva niente e nessuno. Non il ministro delle Riforme Umberto Bossi, di cui pure è stato ammiratore: «Un cantastorie». Non la sinistra, che «non esiste più». E neppure la Costituzione: «Credo più nel Vangelo, mi sembra più commovente, più umano, più vero».
Il suo nemico numero uno resta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che «ha trasformato questo Paese in una democrazia sudamericanana guidata da un manipolo di ladri e di corrotti».
Ma il grande vecchio del giornalismo italiano, che nel 1976 fu tra i fondatori del quotidiano La Repubblica, ce l'ha anche con il suo giornale: «Non si può andare avanti per 20 pagine con Berlusconi e le sue amanti. Che me ne frega se a lui piacciono le puttane. Il troppo stroppia», dice seduto nella penombra della sua elegante casa al centro di Milano, con un vecchio pc di fronte e centinaia di libri intorno, così tanti che sembra che il Novecento stia lì a guardarti, severo e polveroso, tutto stipato in quegli scaffali che sovrastano ogni cosa: i quadri, i tappeti, il gatto, finanche il silenzio.
NOVANTA ANNI, MILLE VITE E CONTRADDIZIONI. Novanta anni, corrosivo e testardo come ne avesse 30, mille vite vissute e altrettante contraddizioni - è stato fascista, azionista, partigiano, innamorato di Berlusconi e suo acerrimo avversario, affascinato dal primo Bossi e disgustato dalla Lega, italianissimo nella sua passione per il cibo buono, le donne, il vino, e ferocemente anti-italiano - Bocca è un pessimista cronico che non fa sconti a nessuno, nemici e amici. A partire da Roberto Saviano, che non gli sta simpatico. Ma ne ha anche per il governo, per il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, per il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
DOMANDA. Bocca, non bisognava fare la guerra in Libia?
RISPOSTA. È un intervento assolutamente privo di senso e, vorrei dire, di onore. Due Paesi, la Francia e l'Inghilterra, che si mettono a fare una guerra di tipo coloniale a un povero tiranno africano fanno ridere.
D. Tiranno sì, ma povero proprio no.
R. C'è una tale disparità di mezzi: due Stati che hanno l'atomica contro Gehddafi che è uno spelacchiato.
D. Ma la guerra c'era già.
R. Lui è un bandito, ma la guerra ai banditi non si chiama guerra: è un'altra cosa. Anche mio nonno quando c'è stata l'Unità d'Italia è andato a dare la caccia ai banditi del Sud, ma non era una guerra.
D. Gheddafi avrebbe massacrato la popolazione di Bengasi se non fossero intervenuti gli alleati.
R. Gheddafi era il legittimo tiranno della Libia. Ha costruito una dittatura che durava da 30 anni, non so perchè lui non fosse autorizzato a fare il dittatore come lo sono altri 30 o 40 despoti nel mondo.
D. Perchè il suo popolo si è ribellato.
R. Ah vabbè, questo fatto che i popoli abbiano il diritto di ribellarsi è un'invenzione attuale, non è mica detto.
D. Lo dice proprio lei che ha fatto la Resistenza?
R. Possono farlo, ma a loro rischio. Si sono ribellati, adesso vediamo se hanno la forza di vincere.
D. Se non fossero intervenuti gli alleati neanche voi partigiani avreste vinto contro i fascisti.
R. Ma quando mai nel mondo si è intervenuti per dare man forte ai deboli? Di casi come la Libia ce ne sono 100. Perchè non andiamo ad aiutare i ribelli del Paraguay, quelli turchi o quelli indiani?
D. Rossana Rossanda, qualche tempo fa... (Bocca sobbalza sulla sedia).
R. Bella quella lì, pericolosa.
D. Perchè?
R. Intellettuale di sinistra, molto intelligente, di fascino.
D. Rossanda ha scritto ai suoi compagni de Il Manifesto per chiedere una parola chiara contro Gheddafi. La sinistra ha qualche problema a condannare il Colonnello?
R. È tutta l'Africa così, non è che ci siano dei governanti democratici liberali e poi dei cattivi come Gheddafi.Sono tutti autoritari, è solo questione di rapporti di forza. Francia e Inghilterra sono intervenute in Libia per portar via il petrolio agli italiani.
D. E l'Italia allora che ci fa a Tripoli?
R. Berlusconi è un amico di Gheddafi a sarebbe stato volentieri dalla sua parte, ma per salvare la faccia in Europa fingiamo di fare la guerra, con otto aeroplani che non volano mai. Una commedia ridicola.
D. Non era giusto sostenere un popolo che combatte per la libertà?
R. Cercarsi una grana in Libia è una cosa inutile. Non possiamo risolvere tutti i problemi dei Paesi arretrati del mondo. Non si sa perchè facciamo la guerra per i ribelli di Bengasi e non la facciamo per liberare la Cina.
D. Allora, perché abbiamo sostenuto i ribelli libici?
R. È talmente chiaro che ci sono degli interessi precisi in gioco: prendersi il petrolio libico, che è il migliore che c'è al mondo.
D. Tra la Libia di Obama e l'Iraq di Bush c'è differenza?
R. È la stessa politica imperialista. Gli americani e Obama vogliono far capire al mondo che comandano anche nel Mediterraneo.
D. La sinistra liberal, che scendeva in piazza contro George W. Bush, ha fortemente appoggiato la guerra in Libia.
R. Sono abbastanza miopi da non vedere che è un intervento di interessi e non di ideali. A Obama non importa un fico secco della democrazia libica.
D. Esiste una guerra giusta?
R. La guerra partigiana. Noi combattevamo per la nostra libertà.
D. I ribelli libici non sono partigiani?
R. Mah...partigiani libici...non ci credo tanto.
D. Perchè?
R. Mi sembrano dei brutti ceffi. Non so se sono dei ragazzi che vogliono la libertà o se sono dei giovani che hanno solo voglia di contare un po' di più nel loro paese. Sospendo il giudizio, li conosco troppo poco.
D. Non crede che siano dei democratici?
R. Quando i livelli civili di un Paese sono così bassi ci credo poco. E il livello civile dei libici mi sembra del tutto simile a quello di Gheddafi. Tirannelli che cercano potere. Un po' come in Italia.
D. Siamo messi come la Libia?
R. La democrazia italiana è completamente fallita.
D. Addirittura?
R. C'è un premier che compra i deputati e si vanta di avere di nuovo una maggioranza. Siamo davvero all'infimo grado, alla democrazia sudamericana.
D. La guerra partigiana ha fallito?
R. La guerra partigiana è stata un piccolo miracolo in Italia. Per 30 anni è riuscita a dare al paese una spinta veramente democratica che però si è estinta e ormai siamo ritornati al punto di partenza. Siamo un paese fascista mascherato da democrazia.
Il giornalista che sfida Berlusconi
D. Bocca ma come fa lei, che il fascismo l'ha vissuto davvero sulla propria pelle, a dire che oggi siamo tornati allo stesso punto?
R. Che il fascismo fosse peggio di adesso è chiaro, all'epoca ti mettevano in prigione, ti mandavano al confino, i giornali non c'erano.
D. Qualche passo avanti allora l'abbiamo fatto.
R. Sì, ma al potere c'è ancora questa classe borghese corrotta. Un manipolo di ladri e di porci. La definizione migliore l'ha data la moglie di Berlusconi quando l'ha dipinto come un maiale.
D. Possibile che lei non salvi niente di questo ventennio berlusconiano?
R. La magistratura, che si sta battendo bene.
D. Il resto?
R. È marcio. Le persone per bene, civili, in questo momento non contano niente.
D. In 20 anni Berlusconi non ha mai fatto una sola cosa che lei condivida?
R. Io sono stato con Berlusconi per anni, ho lavorato insieme con lui a Canale 5 e lo trovo anche molto simpatico, divertente. La sera suonava il campanello, si autoinvitava e veniva a mangiare a casa nostra. Se uno era ammalato lo aiutava.
D. Non sembra così cattivo come lo ritraggono.
R. Ma non sa nulla di che cos'è la democrazia, si comporta come un piccolo ras.
D. Come andavano le vostre cene?
R. Raccontava le sue barzellette idiote. Una volta avevo scritto un articolo in cui dicevo che era un piccolo borghese con complessi di inferiorità.
D. E lui?
R. Si presentò sull'uscio di casa e disse: «Sono qui in punta di piedi per vincere i miei complessi di inferiorità». (Ride) È autoironico, un cialtrone, simpatico come sono anche i malviventi.
D. Un po' le piace?
R. È gentile e spiritoso, finchè conviene alla sua figura di personaggio pubblico. Se poi qualcuno si mette di traverso al suo potere lo liquida senza pietà. Dietro Berlusconi c'è una profonda illiberalità.
D. Ci spieghi.
R. Per capire l'uomo, basta prendere Il Giornale: diffamazione dalla prima all'ultima riga. Lui gli avversari li diffama tutti regolarmente, ha ragione Saviano.
D. Anche lei fan di Saviano?
R. Mi sta sui coglioni, però è bravo. È un esibizionista, un attore, si mette lì, con la barba lunga. È uno che recita il suo personaggio, gli piace fare il carbonaro, il perseguitato.
D. Non lo è davvero?
R. Adesso non più, non fa altro che andare in giro a fare conferenze.
D. Non crede alle minacce nei suoi confronti?
R. Nella mafia ci sono i cretini. E qualche cretino mafioso lo ha minacciato.
D. Al di là del personaggio, cosa le piace di Saviano?
R. Tutto sommato è un uomo di coraggio, che la pelle l'ha rischiata, poi è un uomo molto intelligente. Ha i suoi difetti, che sono i difetti tipici degli intellettuali, quello di credersi i salvatori del mondo.
D. Lei invece?
R. Appartengo a una generazione di giornalisti che quello che dice Saviano l'ha scritto per anni e nessuno ha mai detto che noi eravamo degli eroi. Facevamo il nostro mestiere.
D. Perchè Saviano ha tanto seguito?
R. La risposta è semplice: è uno che scrive bene. A me i suoi libri danno noia perchè sono barocchi, con una sovrabbondanza di aggettivi, ho cominciato a leggere questo libro «A napoli ci sono i cinesi che uccidono...».
D. Parla di Gomorra?
R. È un po' come Malaparte, che scriveva molto bene di robe atroci su Napoli.
D. Insomma è bravo o no questo Saviano?
R. È bravo a modo suo. Io sono piemontese e lui napoletano, questa è la differenza. Io concepisco la Resistenza alla maniera di Giustizia e libertà e del Partito d'azione.
D. Cioè?
R. Una formazione di intellettuali che avevano senso del pudore e della misura. Questi qui sono degli attori. Come anche l'altro, come si chiama, Fa...Fa...Faz...
D. Fabio Fazio?
R. Un altro che recita. È un amico lui, è anche bravo, ma perchè deve fare tutte quelle facce finte? Quando finge stupore con la sua attrice dicendo «aahhh' non parlar male dei potenti», ma cos'è?
Squilla il telefono. Bocca risponde e riattacca subito. «È una donna triste che vuole compagnia. C'è della gente talmente sola al mondo che telefona anche a me».
D. La Lega sarà contenta di sentirla parlare male di Saviano.
R. I leghisti sono il peggio del peggio. Basta guardare Bossi in faccia. È veramente il personaggio che mi ha sbalordito di più al mondo.
D. Perchè?
R. Lo intervistai all'inizio della sua ascesa politica e mi parlava di Craxi come del Leviatano: «È venuto Craxi, io con la spada gli ho inflitto un colpo...». Raccontava di aver avuto un combattimento epico con il leader socialista, il mostro che aveva ucciso.
D. Lei però l'ha votato.
R. In segno di riconoscenza, la Lega ci stava liberando da Craxi e dalla Dc.
D. Invece?
R. Bossi è un mitomane, uno che con le parole e l'affabulazione è riuscito a costruirisi una fama internazionale, un cantastorie. La madre, che io conosco, non riusciva a capire come avesse fatto il figlio a diventare famoso. Diceva: dorme sempre, è un pelandrone, non ha mai fatto niente.
D. Asor Rosa, in un editoriale sul Manifesto, ha invocato lo stato di Polizia per mandare a casa Berlusconi. Che ne pensa?
R. Mi sembra che dicesse quello che dico io.
D. Blocchiamo le Camere con la forza?
R. Dovremmo avere il coraggio di farlo. Non di invocare uno stato di polizia, ma di avere una reazione, in questo stato di discredito generale della democrazia. La politica ogni tanto ha bisogno di gesti di forza. Bisognerebbe fare una rivoluzione che non abbiamo il coraggio di fare.
D. Anche violenta?
R. La violenza nella vita sociale è necessaria.
D. E la sovranità popolare? Berlusconi è stato eletto.
R. Quello che conta sono le minoranze intellettuali, ad esse è affidata la buona democrazia. Durante la guerra partigiana noi di Giustizia e libertà avevamo un sommo disprezzo per i garibaldini e per i comunisti, dei trinariciuti. Eravamo una minoranza di intellettuali, eravamo per Cavour, non per Robespierre.
D. Non è grave che intellettuali di sinistra arrivino a chiamare in causa la polizia contro Berlusconi?
R. È la storia dell'umanità che è così. Vuole dire che le rivoluzioni non sono necessarie?
D. Siamo in una democrazia. Si vota.
R. Ma quale democrazia! Non fai in tempo a prendere il giornale che uno ha rubato, l'altro ha rubato, tutti hanno rubato. Che democrazia è questa?
D. A chi allude?
R. Per esempio al prefetto Ferrigno che si portava a letto le donne. Uno che dovrebbe incarnare il senso dello Stato approfitta del suo potere per sedurre delle poverette. Ci sono dei periodi di marciume sociale, nella storia delle democrazie, che vanno interrotti col fuoco e con le fiamme. Io non ho certamente voglia di fare la rivoluzione, ma ho capito nei venti mesi di guerra partigiana che se non sparavamo noi non sparava nessuno.
D. Crede davvero che la “rivoluzione” sia una strada politica percorribile nel 2011?
R. Non percorribile, unicum et necessario. Qui stiamo affondando nel consumismo. La guerra partigiana l'abbiamo fatta una volta e avremmo dovuto farla altre volte. Mao in fondo aveva ragione sulla rivoluzione continua.
D. In che senso?
R. Questi processi devono continuare. Io parto dall'idea di un pessimismo totale sull'uomo, che è una creatura infame con tutti i suoi vizi e desideri ignobili. Per dettare delle regole c'è bisogno di qualcosa di severo e di forte.
D. Un regime?
R. No, una morale.
D. Ma l'etica non si conquista con la forza.
R. Anche con la forza. Punire i ladri è un esempio.
D. Mettiamo anche che avvenga quello che chiede Asor Rosa. Servirebbe a creare una nuova etica pubblica?
R. No, ma se venisse mi farebbe piacere.
D. A cosa servirebbe allora?
R. A mandare via Berlusconi.
D. Una vendetta?
R. Sono 20 anni che copre di fango l'Italia, bisogna mandarlo via.
D. Con gli strumenti della politica, del consenso popolare, no?
R. Il consenso popolare...Ci vuole la forza. In politica ogni tanto occorre la forza, senza non ti muovi.
D. Ai suoi nipoti spiegherebbe che la politica non serve a nulla?
R. Bisogna essere realisti, quando a un certo punto sei nel pantano devi venirne fuori. Non puoi stare lì a discutere.
D. E i milioni di italiani che votano Berlusconi?
R. Votano uno che racconta barzellette laide e sostiene che Ruby sia una parente di Mubarak. Non solo.
D. Cosa?
R. Convince 300 deputati della Repubblica a dire la stessa cosa. E 300 deputati fingono di credere a questa balla ridicola.
D. Non crede che questo discorso abbia fatto più male che bene alla sinistra?
R. Me ne frego di cosa fa la sinistra.
Il malessere della sinistra
D. Lei è un maestro per la sinistra.
R. Il livello morale, civile, etico del Paese non è mai stato così basso.
D. Anche dell'opposizione?
R. Berlusconizzati anche loro. Sono lì che manovrano per avere gli stessi vantaggi e benefici che il tiranno può dargli.
D. D'Alema, Veltroni, tutti dei piccoli Silvio?
R. Non faccio il moralista, dico solo che la sinistra in Italia praticamente non esiste più. Cosa fanno? Non c'è più opposizione. Berlusconi l'ha annullata. La politica ormai è tutta basata sui soldi.
D. Era così anche nella prima Repubblica?
R. Nella prima Repubblica c'era una lotta politica vera tra i comunisti e i democristiani.
D. Non è che allora non si rubasse.
R. Ma la politica era fatta anche di idee. C'erano i progetti sindacali, si lottava per cambiare le condizioni di lavoro nelle fabbriche, per far progredire la povera gente.
D. Adesso?
R. Assolutamente nulla. Quale lotta sociale c'è in Italia? Ci sono delle manifestazioni ridicole. Ogni tanto vedi alla tivù un centinaio di persone vestite da pagliacci che manifestano contro qualcuno.
D. Questa sinistra non ha idee?
R. Non gliene faccio una colpa, perchè nella vita ci sono dei periodi di seria lotta politica e altri di ipocrisia e mefreghismo. Noi siamo nel secondo.
D. Speranze all'orizzonte? Che ne pensa di Matteo Renzi?
R. Insopportabile, mi sembra un furbetto, l'anti-partito d'azione per eccellenza.
D. È solo antipatia o c'è anche una valutazione politica?
R. Condanno il suo modo di essere italiano.
D. Saviano potrebbe essere un leader per il centrosinistra?
R. No, perchè anche lui è un primo della classe. Ma qualcuno bravo nel Pd c'è. Anche D'Alema.
D. Le piace D'Alema?
R. No assolutamente, è antipatico, ma è uno che ragiona. Bersani è un brav'uomo, ma è un po' un retore. Anche la Bindi è una brava politica.
D. E Veltroni?
R. È bravo, non capisco perchè sia stato silurato, era il meglio del paniere. Il più ragionevole, il più civile. Lo preferisco a D'Alema, che è un po' un ragioniere della politica.
D. Veltroni è stato tra i primi a criticare Asor Rosa e le “tentazioni golpiste” di certa sinistra.
R. Parlare di rivoluzione nella sinistra italiana è diventato un peccato mortale. Una sinistra che ha paura della rivoluzione, che la respinge come mezzo politico di avanzamento, roba da pazzi. È veramente vergognoso.
D. Tutto pur di liberarsi del Cav. Anche la rivoluzione...
R. È un perverso che conosce i vizi e le perversioni degli italiani e li usa benissimo. A volte lo ascolti e ti domandi: ma perchè dice delle stronzate così? Perchè ha capito che piacciono alla gente.
D. Lei dice che l'opposizione a Berlusoni non esiste. E Di Pietro?
R. L'ho difeso quando è stato attaccato, ma lui ha un carattere autoritario, è un piccolo duce, non è un democratico.
Il Vangelo meglio della Costituzione
D. Cosa pensa delle proposte di modifica della Costituzione, l'articolo 1, l'articolo 41, avanzate da alcuni esponenti del governo?
R. Le costituzioni sono tutte nobili anche nella loro ipocrisia.
D. Ipocrite?
R. Si perchè non vengono osservate.
D. Mi sembra di capire che ci sono dei punti di frizione tra Bocca e la “sacra” Carta.
R. Ce ne sono parecchi. Della Costituzione italiana me ne frego. A me importa la costituzione morale. Credo di più al Vangelo che non alla Carta.
D. Questa è una notizia.
R. Mi sembra più convincente perchè nel Vangelo c'è qualcosa di divino che nelle costituzioni liberali non c'è.
D. Crede in Dio?
R. No perchè non l'ho mai incontrato. Possibile che questo Dio così potente non abbia mai trovato il tempo di manifestarsi?
D. E allora cos'è questo divino cui si riferisce?
R. Quello che vorrei che ci fosse. Ma sono ancora alla ricerca. Il Vangelo mi sembra più commovente, più umano, più vero. Le costituzioni sono delle fabbriche ben congegnate, ma sono politiche, mentre il Vangelo è quello di cui gli uomini hanno più bisogno.
D. La nostra Costituzione va modificata?
R. No, va applicata.
D. Parliamo degli intellettuali, che lei tanto ama. Ce ne sono ancora in Italia?
R. Qualcuno si, Saviano non mi è simpatico, ma come intellettuale è stimabile.
D. Altri che stima?
R. Adriano Sofri.
D. Guarda la tivù?
R. Si, ma la massa di luoghi comuni che ti sommerge quando l'accendi è una cosa di cui non ti liberi. Un superconsumismo micidiale.
D. Che giornali legge?
R. Tutti, almeno sei o sette ogni mattina.
D. Il Fatto?
R. Sono tutti amici carissimi, ma io ho una concezione molto professionale del giornalismo: ci vuole ordine, chiarezza. Le notizie devono essere ordinate e serie. E invece anche Il Fatto è un giornale disordinato e anche un po' inattendibile.
D. Perché?
R. Molte notizie sono gonfiate.
D. Il giornale che apprezza di più?
R. Per molto tempo è stato Il Giorno. Italo Pietra non era un rivoluzionario, era un socialdemocratuco e un politico di professione. Per Enrico Mattei dirigeva tutte le politiche dell'Eni in Algeria, in Tunisia. Era un uomo pratico,ma il giornale era fatto bene, era un giornale di notizie.
D. E La Repubblica?
R. Non è che mi senta soddisfatto.
D. Perchè?
R. Perchè non si può andare avanti per venti pagine con Berlusconi e le amanti di Berlusconi. Le sembra giornalismo? Che me ne frega se a lui piacciono le puttane. Il troppo stroppia.
D. Che tipo è Ezio Mauro?
R. È un vero direttore, uno che si fa sentire molto. Vuol fare un giornale omogeneo a se stesso e ci riesce perchè è un uomo di potere intellettuale.
D. Scalfari?
R. Un direttore bravissimo, molto vanitoso.
D. Il Corriere?
R. Era un buon giornale, ma tutta la stampa sta diventando brutta, i quotidiani sembrano sempre più dei femminili: la pelle bella, il mangiare bene, il digerire bene.
D. Ferruccio de Bortoli?
R. Simpatico, se non avesse il vezzo di lisciarsi i capelli.
D. Mario Calabresi?
R. È un uomo in gamba. La Stampa mi piace, è il miglior giornale italiano al momento. E in genere, nei periodi difficili, è quello che si legge meglio: è sobrio, sceglie bene gli argomenti.
D. Cosa detesta della stampa di oggi?
R. I titoli spaccapietre, il giornalismo urlato.
D. Anche lei “urla” molto quando scrive.
R. Io sono impressionista, è un'altra cosa. Ho avuto una lunga polemica con la scuola dei perfezionisti come Corradi, Ghirotti, per i quali la precisione era tutto: «ah! Ma quanti erano dieci o dodici». Chi se ne frega. A me interessano le emozioni collettive.
D. Parliamo della stampa di destra. Il Giornale?
R. Non è giornalismo. Quando leggo Il Giornale penso: ma Berlusconi è uno ricco, supermiliardario, un uomo di spettacolo che sa cosa piace alla gente, possibile che faccia un giornale così brutto solo per togliersi la voglia di attaccare qualcuno?
D. Libero?
R. Non lo leggo mai.
D. Il Foglio?
R. Ottimo giornale. Più Ferrara è intellettuale fine, più col suo corpo diventa giornalisticamente violento. Per questo Berlusconi gli affida le campagne più spudorate.
D. Si riferisce alla battaglia contro i neopuritani?
R. Il salto nel cerchio di fuoco. Ah! per fortuna che ci sono i viziosi...
La ricetta della felicità: un po' di soldi
D. È felice Giorgio Bocca?
R. No. La vecchiaia è faticosa e poco divertente. L'unica cosa che mi piace sono i figli e la famiglia.
D. Sta spesso con i suoi nipoti?
R. Ho il ruolo più bello, sono quello ricco che fa i regali.
D. Racconta loro delle storie?
R. No, non ne ho voglia, è tutto scritto nei libri.
D. Un pensiero che le fa venire il sorriso?
R. Il cibo.
D. E l'amore?
R. Io sono uno che non si è mai innamorato nella vita.
D. Un partigiano senza cuore?
R. Per me la guerra partigiana è stata qualcosa di miracoloso perchè ho trovato lì i momenti di amore che non ho mai più vissuto. Contro l'oppressore si rischiava la vita e lo si faceva in cambio di niente. Era un amore disinteressato per la libertà.
D. E poi?
R. Tutto il resto della mia vita invece è sempre stato legato a moderati, ma seri interessi, di guadagno o di ambizione.
D. Ha amici?
R. Missoni, lo consoco da 30 anni, molto onesto, un vero amico.
D. Cosa le piace di lui?
R. L'estrema differenza tra noi. Lui è un bell'uomo, è un artista, fa le maglie, fa la moda, è un dalmata.
D. E lei invece com'è?
R. Ho molta autostima. Serve per resistere alle tentazioni della vita, alla stupidità. Berlusconi invece cede. Lui non è stupido, è anche intelligente, ma gli piace fare il cretino per piacere alla gente.
D. Ancora Berlusconi. È amore il suo.
R. Per me è stato un personaggio importantissimo. Mi ricordo che Scalfari diceva: Giorgio si è innamorato di Berlusconi. Adesso ha tirato giù la maschera, ma quando non faceva il politico era gentile, allegro.
D. Aveva ragione Scalfari?
R. Per parecchio tempo, nei miei articoli, ho difeso il berlusconismo televisivo, non politico.
D. Perché?
R. La televisione la sa fare. Una volta lessi dei suoi appunti sulla realizzazione di un programma, erano molto intelligenti: il tale deve vestirsi così, perchè la gente si aspetta di vederlo così. Era un ottimo regista. Umanamente, era molto ben mascherato perchè le cose gli andavano bene, aveva successo.
D. Qual è l'errore che ha fatto?
R. Entrare in politica. Allora è stato obbligato a mostrarsi per quello che è ed è difficile non vedere il fetente.
D. Non ha il merito, con le sue televisioni, di aver fatto crollare la divisione tra cultura alta e bassa?
R. Il difetto è proprio quello. Solo la cultura alta è importante, quella bassa non esiste. Ne sono convinto. Gli uomini vanno affidati a una aristocrazia. Il periodo storico che preferisco è l'illuminismo aristocratico.
D. Tornando a Giorgio Bocca. Difetti?
R. Evito le mie debolezze. Dal punto di vista morale sono un po' vigliacco, sono molto cattolico: la penitenza, la confessione. Sono un verme anche io, ho tutti i difetti dell'uomo. Sono avido, mi piace essere lodato, mi piacciono i soldi, mi piace vivere bene.
D. Cos'è viver bene per lei?
R. Avere una casa molto bella, come la mia, il cibo, il vino. Ho fatto una bella vita, sono sempre andato a sciare e sono sempre stato d'accordo con il mio corpo, è importante.
D. Come passa le sue giornate?
R. Ammazzo il tempo lavorando. Ho scritto 25 libri. Forse ho esagerato.
D. Non ama parlare di sé.
R. Non sono come Berlusconi, le mie vergogne le nascondo.
D. Ce ne dica una.
R. Ho fatto porcate anche io, ho parlato male degli amici.
D. Per esempio?
R. Per 10 anni alla Gazzetta del popolo, il direttore Massimo Caputo, di cui parlavo regolarmente male, mi ha fatto mangiare merda in un maniera... E anche dopo. Passai le giornate a dire che un altro direttore, Michele Serra, era un cretino, poi me ne vergognai. Lui era stato la mia fortuna, dalla Gazzetta del Popolo mi aveva chiamato all'Europeo. Ecco, il mio difetto è quello di parlar male. Sono critico certe volte senza pietà.
D. Anche con se stesso?
R. Dovrei essere più comprensivo dei difetti umani e anche dei miei. Brecht diceva che dietro la fondazione di ogni banca c'è un furto iniziale. Bè, qualche furto inziale l'ho fatto anche io.
D. Cioè?
R. Rubavo qualche soldo a mia sorella per andare a sciare. Anche io ero un debole, poi mi sono fatto forza e ho scoperto una cosa.
D. Cosa?
R. Che per essere onesti bisogna essere un po' ricchi.
lettera43.it
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