lunedì 18 aprile 2011

Giovanni Allevi, colonna sonora del marketing

Come si diventa un fenomeno pop? Storia di un pianista bravo e ambizioso, un ufficio stampa molto attivo e azzeccate "mosse di mercato". Ma anche molti detrattori. Uto Ughi: "Il suo successo è il termometro del Paese, prevalgono sempre le apparenze".

In principio fu Stephen Schlaks. “Casablanca” era il titolo della sigla dell’oroscopo su Telemontecarlo nel 1979. Easy listening e primo esempio di “crossover” ovvero un fenomeno di nicchia catapultato, grazie a un’accorta strategia di marketing, nella musica pop. Seguirà, in ordine sparso, Richard Clayderman, James Last, Rondò veneziano e tanti altri. Nel 1997 Saturnino Celani, bassista di Jovanotti, decide di presentargli Giovanni Allevi, pianista, compositore e laureato in Filosofia. È l’inizio di una carriera che diventerà inarrestabile solo dopo l’incontro con il pigmalione Riccardo Vitanza e il suo ufficio stampa.

Ecco come il pianista ricorda i suoi esordi in questa intervista concessa in una pasticceria poco distante dalla sua nuova casa, non più il monolocale che definiva ironicamente la “cabina telefonica”. “Jovanotti l’ho incontrato la prima volta nel backstage di un concerto”, racconta, “solo una manciata di secondi, mi salutò e mi disse: grande emozione la tua musica. Ebbi l’opportunità di aprire il suo concerto al Palaeur di Roma. Notavo diffidenza nei miei confronti; ero quello appena uscito dal Conservatorio. C’era una sorta di paradosso: ero sulla carta il massimo esperto di musica, poiché il diploma di composizione è il più alto riconoscimento accademico di tipo musicale che esista, ma non avevo l’esperienza, a differenza degli altri musicisti della sua band. È stato inevitabile ricevere atteggiamenti di “nonnismo”. C’era il risentimento dovuto forse a un complesso di inferiorità nascosto”. Interessante sentire la versione di Pier Foschi, ex batterista di Lorenzo e oggi in procinto di pubblicare un disco solista: “Io credo di averlo aiutato a venire fuori da questa situazione. Il nostro mondo sembrava idilliaco dall’esterno e invece era colmo di ansia e rabbia e alcuni spesso si sfogavano, anche piangendo. Non solo Allevi anche Luca Scarpa, un altro pianista. Così molte persone hanno ben pensato di andarsene. Come Stefano Bollani che ha resistito solo quattro mesi poi mi disse: in questa gabbia di matti ci state voi”.

Chiusa la parentesi con il cantante, entra in scena Riccardo Vitanza e il suo mondo della comunicazione e dei contatti discografici: “Penso che Giovanni non sarebbe riuscito a raggiungere il suo successo senza Vitanza”, prosegue Pier Foschi, “Riccardo voleva riconquistare Lorenzo che, nel frattempo, aveva cambiato ufficio stampa. Oppure una voglia di riscatto: ti faccio vedere chi hai mandato via dalla tua scuderia”. Giovanni acquista sempre più spazio nei principali quotidiani e nelle trasmissioni tv nazional-popolari. Eppure oggi che si è consumato il “divorzio” artistico non sembra che il compositore sia tenero col suo ex mentore: “Come spieghiamo il tutto esaurito alla Toppan Hall di Tokyo o all’Auditorium della città proibita di Pechino dove non avevo l’appoggio di nessuno? Gli uffici stampa sono importanti, ma fino a un certo punto”. Pronta la replica di Vitanza: “C’è una spiegazione. Il primo concerto di New York al Blue Note è nato, in realtà, in seguito a una richiesta dell’Istituto italiano di cultura. Volevano un artista che suonasse gratis, fu proposto Allevi, nonostante non fosse conosciuto. Gente come Fresu, Rava, Bollani non avrebbero mai suonato gratuitamente. Tutti i concerti all’estero vennero pianificati grazie agli Istituti italiani di cultura dei vari Paesi; non era il teatro o l’organizzatore che chiamavano al telefono. Quindi puro marketing. La verità è che prima di conoscermi non aveva riscontri in termini di vendite discografiche e visibilità: è grazie a questo lavoro che ti si aprono delle porte”.

Ecco come il pianista affronta l’accusa di marketing: “Il dubbio sull’importanza eccessiva dell’ufficio stampa, il dubbio del personaggio costruito sono lo stesso clichè tipico dei detrattori. La Fiat mi chiede di fare uno spot? Facciamolo! La pubblicità consente alla mia musica di entrare nelle case di tutto il mondo. Una grandissima opportunità. E non ho neppure l’automobile”. A proposito di spot, Vitanza racconta com’è nata la pubblicità internazionale della Bmw: “Intanto Spike Lee non ha mai conosciuto Allevi: è una balla. Non è stato il regista a scegliere la musica. Fu Roberto Biglia della Sony a dirmi che “Come sei veramente” era nel lotto delle canzoni selezionate per lo spot: si doveva scegliere tra noi e Bob Dylan. Accettammo l’offerta di 30.000 euro passando il turno. L’altro brano era più costoso”.

Ecco nell’ordine i principali detrattori di Allevi: Marcello Filotei dell’Osservatore Romano scrive che “l’educazione musicale italiana non fornisce gli strumenti per distinguere Arisa da Billie Holiday, figuriamoci Puccini da Allevi”. Elio (delle Storie tese) ha dichiarato: “È una perfetta operazione di marketing. Non ce l’ho con lui, basta che non dica di essere il nuovo Mozart”. Uto Ughi: “Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del nostro Paese: prevalgono sempre le apparenze. Lui è un nano in confronto a Horowitz, a Rubinstein”. Ecco la replica: “Elio mi ha dato del ciarlatano. Evidentemente sono un suo problema irrisolto. Fra tutte queste personalità quella di Ughi è la più alta e ha meritato una risposta: c’è una musica classica tradizionale e una contemporanea che è lo spirito del tempo. Rimando tutti i miei attuali e futuri critici e detrattori a quella risposta”. Difficilmente troverete questa storia su Wikipedia.

ilfattoquotidiano.it

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