sabato 23 aprile 2011

Il PD umbro e le energie rinnovabili


Con una serie di iniziative sui territori della nostra regione, il PD umbro ha deciso di assumersi la responsabilità di un ruolo altrimenti vacante. Cioè, ha scelto di riportare in mezzo alle persone la discussione politica, quella per troppo tempo riservata alle sole burocrazie o ai tanti “particulari”. Una di queste discussioni, resa urgente dalle grandi sfide del nostro tempo, riguarda la diffusione delle “energie rinnovabili”. Un tema strategico che, appena sfiorato da Berlusconi, si è trasformato in un caravanserraglio di decisioni contraddittorie: prima con il decreto di agosto 2010 e con il dl “salva Alcoa”, poi con la decisione di Romani di fermare tutto e, per finire, con un immobilismo che può diventare fonte di scelte letali. Insomma: il governo si muove senza un piano, senza una prospettiva.
Eppure, nel 2008 gli è stata attribuita la delega per definire una “Strategia Energetica Nazionale” (d.l. 112/2008). Ma definire una strategia nazionale equivale, per il centrodestra, ad un imperdonabile atto di apostasia. E poi, se proponi un percorso, puoi turbare le rendite, le situazioni di oligopolio. Quindi di “Strategia Energetica Nazionale” non se ne parla perché ci sono altre priorità. Energia rinnovabile e industria sono dunque poca cosa rispetto alle vicende giudiziarie del premier.
Proviamo allora a fissare noi un breve e incompleto sommario che indicizza temi noti e arcinoti.
1. Negli ultimi tempi il fabbisogno di energia elettrica in Italia e in Europa ha subito una forte riduzione. Complice la crisi, ovviamente, ma anche l’entrata a regime di politiche di risparmio ed efficienza energetica. È questo un terreno sul quale mai smettere di cimentarsi, usando, dov’è opportuno, la leva normativa. In Gran Bretagna, ad esempio, tutti i nuovi edifici residenziali al 2016 dovranno essere a emissioni zero. L’edilizia e la pianificazione urbanistica vanno dunque concepiti come punti fondamentali della “green economy”. L’Umbria – con la legge sulla sostenibilità ambientale degli interventi urbanistici ed edilizi – è già in cammino. Non bisogna però fermarsi agli edifici e procedere a fare almeno tre cose: ripensare i modelli insediativi ed edilizi; adeguare le reti di trasporto e distribuzione; promuovere una costante educazione al risparmio energetico.
2. Sulle fonti rinnovabili propriamente dette bisogna fare una premessa. L’Italia è partita in ritardo rispetto agli altri paesi e gli incentivi a queste collegate andavano a colmare un gap. Oggi, in assenza di una vera politica industriale, rincorrere non basta più. Ci sono ormai paesi leader sui settori maturi per costi e tecnologia (Cina per il fotovoltaico, Germania per l’eolico). Ciò non è privo di conseguenze. Se guardiamo i dati del fotovoltaico, scopriamo che il 75% delle aziende italiane lavora nella parte della filiera meno redditizia. A monte, dove ci sono margini superiori, operano solo imprese straniere e ciò determina un ingente deflusso di margini di guadagno dall’Italia a detrimento degli operatori nazionali. Questo è il risultato del “letale far niente” del governo in carica. Dove concentrare gli sforzi? Sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie nascenti sulle quali invece vantiamo una leadership (solare a concentrazione e biocarburanti di seconda generazione), prendendo un respiro più profondo e con lo sguardo lungo. Il governo in carica aveva tra le mani uno strumento adeguato: Industria 2015. Purtroppo l’ha svuotato e con i “danè” (pubblici) ci abbiamo pagato gli sforamenti delle quote latte.
3. Probabilmente sono da rivedere le forme di incentivazione, agevolando solo impianti di rinnovabili in grado di esibire una sostenibilità economica di medio lungo periodo (non stiamo parlando degli impianti casalinghi). Perché, ad esempio, impianti eolici che funzionano per poco più di mille ore all’anno si sostengono grazie a incentivi molto generosi e a meccanismi di rendita finanziaria. È un sistema caliginoso che spesso porta con sé speculazioni, uso “disinvolto” dei suoli e lascia margini di opacità dentro cui può assumere un ruolo la criminalità organizzata. Stesso discorso – sempre relativo alla sostenibilità economica – può essere fatto per gli impianti a terra nelle pianure, che talora sottraggono, per motivi speculativi, risorse all’agricoltura.
4. Collegato al precedente, il tema dei costi che pesano su famiglie e imprese. Se vogliamo incrementare la produzione di energia rinnovabile inseguendo gli obiettivi della Germania (che stima di raggiungere il 60% di energia verde da qui al 2050) bisogna forse seguirne il modello anche per quel che riguarda gli incentivi (come suggerisce Enel) oppure procedere ad un trasferimento del costo dell’incentivazione dalle bollette alla fiscalità generale (è la posizione di AEEG).
5. Ultimo argomento: le reti. Oggi, in Italia ci sono zone in cui la rete elettrica non è in grado di ricevere e smistare l’energia prodotta dalle rinnovabili (ma viene pagata ugualmente). Inoltre, c’è l’esigenza di gestire la produzione di energia da fonti rinnovabili (tendenzialmente discontinua) attraverso le cosiddette “reti intelligenti” (smart grid). In assenza di interventi, aumenteranno le diseconomie e i costi di connessione e gestione.

La complessità delle questioni in gioco, e che abbiamo provato sommariamente ad illustrare richiedono una politica energetica e una politica industriale (che non ci sono). Richiederebbero anche una politica energetica europea per integrare i vari sistemi continentali, realizzare l’interconnessione dell’intero spazio mediterraneo e procedere a definire una sorta di “divisione del lavoro” per valorizzare competenze, specificità e storie industriali.
Al nostro Paese non servono pillole nucleari ma un progetto e un governo. Proprio ciò che oggi manca.
È allora importante che il PD si muova su questo terreno, mettendo in piazza tutta la complessità delle questioni e il loro carattere eminentemente pubblico, favorendo discussioni che sottraggono il tema delle energie alla visibilità dei cittadini. E poiché l’energia determina, in qualche maniera, la forma della società in cui vogliamo vivere, l’argomento merita uno speciale trattamento.
On. Carlo Emanuele Trappolino   ---    Deputato Partito Democratico
  Sergio Santini   ------    Resp. Dipartimento Ecologia Pd Umbro

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