di Marco Vinicio Guasticchi*
L’Italia non è nata Repubblica. Lo è diventata 85 anni dopo quella prima unificazione nazionale che, compiuta dalla monarchia sabauda, in questo 2011 stiamo celebrando con grande spirito confermativo e spiccato senso della democrazia. L’Italia, dunque, benché sia arrivata ad essere Nazione molto tardi nella sua storia di Paese europeo, in meno di un secolo ha fatto passi in avanti molto celeri e ha affrontato scelte istituzionali e politiche dolorose e drammatiche, che si sono trasformate in indubbi fattori di crescita.
Il passaggio dalla monarchia alla repubblica, evento epocale dopo il trauma bellico, ha aperto la strada a quell’evoluzione economica e sociale che l’Italia aspettava da tantissimo tempo. Ma anche questo percorso virtuoso – la nostra storia del secondo cinquantennio del Novecento e del primo decennio del nuovo secolo – non è stato privo di drammi e di momenti difficili, di aperta, violentissima crisi, economica e istituzionale. La storia della Repubblica ha conosciuto quei periodi bui, quelle “notti”, che, come oggi vediamo distintamente, anche in decenni ormai lontani dalla dittatura fascista avrebbero potuto far ripiombare l’Italia in bruttissime avventure antidemocratiche. Così, nel giorno della ricorrenza del 2 giugno 1946, per celebrare degnamente lo spirito dell’evento partecipativo del Referendum, occorrerà, fuori di ogni retorica, cercare di sottolineare le costanti, gli elementi strutturali che possono avere fondato la Repubblica Italiana e, di più, averla preservata dai pericoli di involuzione, averla mantenuta in quello stato di equilibrio che le consente di tornare a progettarsi oltre ogni ostacolo.
La prima di queste costanti storiche è il grande impulso dato dalle giovani generazioni ai momenti di crescita della Nazione, dai ragazzi combattenti nelle guerre risorgimentali ai loro eredi sulle trincee della prima guerra mondiale ai giovani partigiani saliti sulle colline per spalancare il futuro democratico al Paese invaso dai nazifascisti: una catena ininterrotta di rinnovamento che i giovani di generazioni fra loro lontane hanno collegato nell’interesse della Nazione Italiana in guerra e in pace, realizzando il passaggi dalla guerra alla pace. E costante, dal Referendum del 2 giugno 1946 in poi, è l’impulso, espresso da ogni italiano, di non lasciarsi sottrarre gli spazi della democrazia e della partecipazione: negli spazi in cui ognuno di noi è sovrano, come in un referendum, non valgono condizionamenti né hanno potere sollecitazioni diverse dal senso tutto repubblicano della libertà esercitata ad uno ad uno, senza ledere né l’uno né l’altro l’altrui interesse. Il ruolo dei poteri locali, infine, è quella costante che, nell’articolazione costituzionale, garantisce la continuità del rapporto stretto e diretto fra una comunità e i suoi rappresentanti.
Entro questo quadro, la Provincia di Perugia si è adoperata per essere in ogni caso all’altezza dell’impegno che la Costituzione repubblicana riconosce alle istituzioni che, sul territorio, sono garanti dell’unità ed espressioni dell’autonomia locale. Questo è accaduto anche nel caso delle celebrazioni dell’Unità nazionale, perfettamente integrate e fuse nella celebrazione del 150° anniversario della Provincia dell’Umbria. E questo accadrà in ogni altra tensione ideativa e programmatica che la politica del prossimo futuro potrà richiederci, tra riforma federale dello Stato e richiesta di conferma della sua unità dell’altro.
*Presidente Provincia di Perugia
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