martedì 17 maggio 2011

IL FUTURO DEL (TERZO) MONDO: DEMOGRAFIA E RISORSE...

DA "Il Sole 24 Ore"



1 - CONTROLLO SUGLI STRETTI PARTITA PER INDIA E CINA...
Chi sorveglia gli stretti domina il mondo. Il nuovo colonialismo passa per il loro controllo, da lì transitano merci e rifornimenti energetici. Suez, Bab-el-Mandeb, Hormuz, San Bernardino, Malacca sono la posta in gioco per la nuova leadership. Lo intuisce alla fine dell'Ottocento il teorico americano del sea power Alfred Mahan e prepara il Secolo americano. Lo ribadisce dagli anni Cinquanta il diplomatico indiano Kevalam Madhava Panikkar e da poco il generale cinese Liu Huaqing, ora che India e Cina aspirano a un ruolo a fianco degli Usa.

Da Malacca passa ben il 40% del petrolio mondiale: l'80% dei rifornimenti cinesi e il 70% di quelli indiani. Tra il 2020 ed il 2030 il greggio trasportato attraverso Hormuz raggiungerà i 35 milioni di barili giornalieri (poco meno della metà dell'intera produzione mondiale). Il loro controllo diventa vitale, e per raggiungerlo il primo passo sono i porti off-shore cinesi e indiani, rispettivamente a Sittwe (Myanmar) e Gwadar (Pakistan); e Campal Bay (isole Nicobare) e Chah Bahar (Baluchistan iraniano).



2 - COME CAMBIANO LONDRA O PARIGI: DIECI CITTÀ D'EUROPA, O DEI NON EUROPEI...
Denatalità europea e forte immigrazione rimano con nuovo colonialismo. Non sarà più la guerra a dettare l'agenda delle invasioni, ma la pressione demografica e le forze giovani. Nei prossimi quattro lustri, dieci grandi città europee, tra cui Londra e Parigi, vedranno crescere la loro popolazione allogena fino alla maggioranza. Dagli anni Ottanta esperti in demografia e storici, come i francesi Alfred Sauvy e Jean-Claude Chesnais, il tedesco Herwig Birg e l'inglese Walter Laqueur, suonano l'allarme.



Già nel 2004 a Bruxelles più del 55% dei neonati è figli di immigrati; nella regione tedesca della Ruhr, entro pochi anni, più della metà delle classi d'età sotto i trent'anni sarà di origine etnica non tedesca e nell'Île de France Mohammed è il nome più diffuso. Se nel 2005 gli stranieri in Italia erano 1,99 milioni, il 1° gennaio 2011, arrivano alla cifra di 4,56 milioni, con un tasso di natalità di 2,7 figli per donna, contro 1,4 delle italiane. L'invasione è appena cominciata?

3 - IL SENSO DI COLPA SOLO IN OCCIDENTE...
"Uomo bianco scomparirai" recita il titolo dell'antologia raccolta dall'antropologo Stan Steiner nel 1976. Da allora la «cultura del piagnisteo» (Robert Hughes) si impone nell'immaginario collettivo, costringendo gli europei a guardare al passato e lasciando la gestione del futuro a chi sensi di colpa non ne ha. La colpa che grava sull'Occidente macchia tutti gli occidentali allo stesso modo. Le responsabilità ai mali perpetrati in passato dal mondo ricco e sviluppato si trasmettono quasi geneticamente dalla nascita.


Da esse ci si monda a condizione di abbracciare l'oppresso, l'offeso, il vessato, criticando fino in fondo i presupposti di quell'Occidente al quale malgrado tutto si appartiene. È quanto insegnano Michel Foucault, Edward Said e oggi Arjun Appadurai, Homi Bhabha, Gayatri Chakravorty Spivak, lasciando le nuove generazioni senza iniziativa.

Ma guerre e schiavismo non sono un portato dell'uomo europeo; le civiltà africane, arabe, asiatiche furono e in gran parte sono ancora ferocemente discriminanti, fondate sulle caste e sull'obbedienza assoluta, risponde Jared Diamond. La colonizzazione comincia anche dalla cultura.

4 - IL DEBITO PORTOGHESE? GLI EX SCHIAVI LO SALVANO...
La crisi di questi anni e il rischio di default di Grecia, Portogallo e Spagna rischia di piegare l'Ue. Quale migliore occasione di colonizzare i colonizzatori d'antan? Se il presidente brasiliano Dilma Roussef si offre di acquistare parte del debito lusitano, la Cina ha già in tasca il 19% di quello greco e il 12,5% di quello spagnolo. Non sono questi i soli casi di una storia che sembra andare al contrario.

Non ne è immune la Gran Bretagna, la cui maggior banca si chiama Hsbc, Hong Kong and Shanghai Banking Corporation, con sede a Londra ma capitali cinesi. Neppure l'India perde la storica occasione di revanche: il colosso dell'automobile Tata acquista dalla Ford - per 2,3 miliardi di dollari - le britanniche Jaguar e Land Rover, seguita dalla cinese Geely che compra la casa automobilistica svedese Volvo a 1,8 miliardi di dollari.



5 - RISORSE MINERARIE E MICROCHIP...
La nuova parola d'ordine nel Celeste Impero è xinxihua, informatizzazione. Forze armate, produzione industriale, devono modernizzarsi. Ma per non dipendere nella produzione di microprocessori dai colossi stranieri serve una materia prima. La corsa al coltan comincia in Congo.

Questa è solo una delle risorse di cui la Cina, diventata con la globalizzazione il principale polo manifatturiero del pianeta, abbisogna per rispondere alla domanda mondiale. Oro, tungsteno, stagno, carbone, uranio e platino sono vitali per continuare la crescita e conservare il primato. Ma non li trova solo in Africa.

L'Australia, il maggior esportatore di carbone e minerali ferrosi, è una miniera a cielo aperto. La campagna acquisti del Dragone sul suolo australiano accelera a partire dal 2008 e sembra inarrestabile, al punto da far temere all'Authority dell'Oceania che i cinesi finiscano per stabilire i prezzi delle materie prime. Tuttavia il controllo non passa solo dalle risorse da importare ma anche su quelle da esportare.

Succede nel 2010 al cotone che raggiunge il record storico, alla lana che arriva ai massimi biennali, alla seta grezza che attinge quotazioni mancate dalla metà degli anni Novanta e al cashmere raddoppiato di prezzo in pochi mesi, lasciando a bocca asciutta l'industria tessile europea.



6 - QUANDO L'INDIA COLTIVA LE TERRE IN ARGENTINA...
Si scrive land grabbing, si legge conquista di terre coltivabili, al punto da far temere al direttore della Fao, Jacques Diouf, un nuovo colonialismo. Quando nel 2006 esplode il prezzo delle materie prime, i Paesi produttori di grano e riso limitano le esportazioni, per evitare instabilità e guerra per il pane intestine. Così i grandi importatori, come Cina, India e gli Stati del Golfo, con scarsità di risorse agricole ma abbondanza di mezzi finanziari corrono ai ripari comprando terreni all'estero per coltivare cibo da riesportare entro i propri confini.

Pechino ha acquistato 2,8 milioni di ettari in Congo, due in Zambia, 80mila ettari di terra in Russia, 43mila in Australia, 70mila in Laos, 10mila in Camerun, 7mila in Kazakhstan, 5mila a Cuba e 1.050 in Messico. L'India non è da meno. Dehli possiede 614mila ettari in Argentina, 370mila in Etiopia, 232mila in Madagascar, 289mila in Malesia, 50mila ettari in Laos, 69mila in Indonesia, 10mila in Paraguay, 10mila anche in Uruguay. Dove prima giungevano le baionette, oggi arriva la finanza.



7 - VENTI MILIONI DI CINESI HANNO SETE DI ORO BLU...
«Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo si combatteranno per l'acqua». Ad affermarlo, nel 1995, è Ismail Serageldin, vice presidente della Banca Mondiale. Chi aspira a ritagliarsi la primazia sulla scena mondiale lo sa. I primi dieci mesi del 2010 sono stati il periodo più secco nella storia della Cina: secondo le cifre ufficiali almeno 19 milioni le persone soffrono di mancanza di acqua e circa 6 milioni di ettari di aree coltivabili patiscono la siccità.

Costruzioni di dighe, deviazioni di fiume, ricerca di acque fossili non bastano. Dal 1984 la Cina volge l'attenzione all'Antartide, ricca di minerali, materie prime, risorse ittiche ma soprattutto riserva dell'80% circa dell'acqua di tutto il globo terrestre. Consapevole forse che con un attacco nucleare si piega un Paese in 30 giorni, con la Bomba A (alimentare) crolla in una settimana, ma senza acqua per soccombere di giorni ne bastano pochi.

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