di Silvia Maffii e Marco Ponti 26.07.2011
LAVOCE.INFO
Una analisi costi-benefici sulla linea ferroviaria Torino-Lione riesce a dimostrare la redditività dell'opera. Un risultato sorprendente considerati i costi altimissimi e lo scarso traffico. Lo si ottiene però sorvolando su alcune prescrizioni previste dalle migliori prassi internazionali e senza considerare per esempio l'impatto ambientale del cantiere. Mentre le previsioni di domanda sono eccessivamente ottimistiche. Ciononostante la redditività è marginale e basterebbe abbassare una delle tante sovrastime per rendere non fattibile il progetto.
La controversa linea ferroviaria Torino-Lione è stata recentemente oggetto di una analisi economica (costi-benefici sociali) commissionata dai promotori dell’infrastruttura: tra il quasi unanime stupore - considerati gli altissimi costi dell'opera e lo scarso traffico - mostra risultati positivi. Qualunque studioso del settore ne dedurrebbe che, se risulta fattibile un’opera con questi numeri, probabilmente non esiste alcun investimento infrastrutturale non fattibile. In ogni caso, la priorità di questa specifica opera risulterebbe bassissima se fosse confrontata con altre. Ma l’analisi in questione, come d’altronde accade sempre nel nostro paese, non è stata fatta in termini comparativi con altri progetti e nemmeno con possibili alternative tecniche dello stesso progetto.
ERRORI D'ANALISI
Non è possibile entrare in poche righe nei dettagli tecnici di analisi così complesse, quindi ci limitiamo a una sintesi per punti dei principali difetti dello studio, che ne “spiegano” anche il risultato. Ci basiamo su quanto emerso da un seminario tenutosi a Roma, con la partecipazione di Fabio Pasquali del gruppo di lavoro analisi costi benefici della Torino Lione e dei due autori.
1. Mancano tre pre-condizioni per una analisi costi benefici accettabile: l’analisi non è “prudente”, non è “terza”, e non considera alternative tecniche.
Poiché le analisi internazionali ex post mostrano che nei progetti ferroviari di grandi dimensioni i costi sono sottostimati e i benefici sovrastimati, mediamente intorno al 50 per cento, la migliore prassi suggerisce atteggiamenti di grande cautela nei confronti di questi due parametri; la valutazione del progetto è stata finanziata dal soggetto promotore, Ltf, mentre la prassi suggerisce di condurre valutazioni terze. Infine non vengono considerate soluzioni tecniche alternative, né stradali né ferroviarie.
2. Mancano valutazioni del costo opportunità dei fondi pubblici. In presenza di forti vincoli di bilancio, la prassi internazionale richiede di tener conto dei riflessi economici degli aspetti finanziari, cioè dell’impatto sul livello di deficit pubblico che l’opera genera.
3. Non sono state valutate le esternalità ferroviarie, né quelle da cantiere.
La ferrovia ha certo un impatto ambientale inferiore alla strada, tuttavia non è nullo. Soprattutto, le emissioni da cantiere di CO2 presentano valori estremamente elevati, tali da ridurre fortemente i benefici dell’eventuale (e assai incerto) cambio modale.
4. Non è stato considerato il prevedibile impatto nei prossimi decenni del progresso tecnico.
Tale progresso non riguarderà solo i mezzi stradali (minor impatto ambientale, maggiore sicurezza), ma anche il modo ferroviario (carichi e velocità ottenibili sulla linea esistente maggiori degli attuali)
5. Alcuni costi di investimento sono considerati indipendenti dalla realizzazione del progetto, in particolare gli investimenti di più stretta competenza dei nodi: questa assunzione appare poco credibile.
Certamente almeno una parte degli investimenti per le merci nel nodo di Torino, in assenza di progetto Torino-Lione, non verrebbero effettuati, quindi si tratta di investimenti di pertinenza del progetto stesso.
6. Le previsioni di domanda non tengono conto degli ultimi dati messi a disposizione da Alpinfo, che segnalano un traffico in forte calo sul corridoio.
E per corridoio si intende sia la strada che le ferrovia. Le alternative al corridoio (linea costiera e tunnel svizzeri) risultano poi in fase di forte potenziamento. Nel caso della Svizzera vi sarà anche una concorrenza in termini tariffari, in presenza di offerta non satura.
7. Le previsioni di domanda sono talmente ottimistiche che dopo pochi anni di entrata in funzione dell’opera si avrebbero probabilmente problemi di saturazione su gran parte della rete ferroviaria nazionale.
L’ottimismo sulle previsioni di domanda ferroviaria è tale che si assisterebbe alla completa paralisi dei traffici ferroviari, in primo luogo sulle parti già cariche della rete, evidenziando priorità di intervento ben più urgenti.
8. Non sono state considerate eventuali strategie degli operatori stradali, né di quelli ferroviari, che verrebbero danneggiati dal progetto.
Il progetto prevede la sottrazione di traffico al modo stradale e agli altri valichi ferroviari: gli operatori, verosimilmente, reagiranno con politiche tariffarie aggressive e anche con efficientamento dei servizi.
9. Un quota cospicua dei benefici verrebbe dalla ridotta incidentalità, ma il beneficio è ottenuto applicando tassi del modo stradale ingiustificatamente elevati.
Vengono applicati valori propri dell’intera rete stradale nazionale, assai superiori a quelli autostradali, e non si tiene conto dei trend storici di riduzione degli incidenti e gli obiettivi di riduzione dell’incidentalità della Commissione europea.
10. Un beneficio particolare è dovuto alla riduzione degli incidenti nei tunnel stradali, a cui viene applicato un fattore moltiplicativo dei danni pari a 25.
Una assunzione di questa portata va giustificata portando a sostegno argomentazioni e letteratura, anche perché i benefici della sicurezza nello studio di Ltf costituiscono una quota cospicua dei benefici totali.
11. La metodologia di calcolo dei benefici del traffico deviato da altri modi non è corretta.
Questa è certo la questione più controversa, ma la teoria economica non sembra lasciare dubbi (pur non potendo qui dilungarsi sugli aspetti tecnici): i benefici economici di qualsiasi progetto pubblico vanno misurati in termini di variazioni del surplus sociale e non semplicemente dei costi. Questo errore è anche quello di maggior entità assoluta e secondo stime preliminari sarebbe tale (da solo) da far scendere il progetto molto al di sotto della soglia di fattibilità.
12. Nonostante tutto ciò, la redditività dell’analisi economica così calcolata è marginale, con valori che non superano il 5 per cento.
Ricordando che la soglia di redditività assunta come accettabile dalla Commissione europea è il 3,5 per cento, ciò significa che con ogni probabilità una sola, o un paio, delle sovrastime di redditività sopra citate è sufficiente a rendere il progetto non fattibile (“switch value”). Si tratta di una valutazione che appare estremamente incauta per giustificare una spesa pubblica (per la sola parte italiana) stimabile nell’ordine dei 10 miliardi di euro.
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