venerdì 8 luglio 2011

ECCO I VERI NUMERI DELLA MANOVRA ECONOMICA MADE FOR RICCHI

di Tito Boeri


Per azzerare il deficit entro il 2014 occorre una correzione di circa 2,3 punti di Pil, più o meno 40 miliardi. Gli aggiustamenti previsti dal Governo hanno efficacia solo dal 2013 in poi (prima il saldo è zero) e per più di un terzo sono affidati a una delega fiscale il cui contenuto è tutt'altro che definito. A conti fatti, si tratta di una manovra che grava per quasi due terzi sulle entrate e per un terzo su minori spese. Il contributo delle entrate sarà ancora maggiore se Regioni, provincie e comuni aumenteranno le imposte locali per rifarsi dei tagli ai trasferimenti. Nessuna misura per lo sviluppo.
Grazie al lavoro del Servizio Bilancio del Senato è possibile finalmente ricostruire i numeri della manovra.
Per centrare l’obiettivo di azzerare il deficit entro il 2014 occorre una correzione di circa 2,3 punti di Pil. Con un Pil stimato per il 2014 a circa 1750 miliardi, questo significa reperire 40 miliardi.
La tabella qui sotto documenta come nella manovra manchino circa 15 miliardi all’appello. Il reperimento di queste risorse viene affidato a una delega fiscale il cui contenuto è tutt’altro che definito. Come messo in luce da Cecilia Guerra (LINK), la legge delega è un cattivo copia e incolla della legge delega, mai esercitata, votata dal Parlamento nel 2003. Inoltra, l’aggiustamento netto avviene unicamente dal 2013 in poi, quando sarà in carica un nuovo Governo. In sostanza c’è un rinvio (a una legge delega) nel rinvio (ai governi futuri). Speriamo che basti a rassicurare gli investitori. I segnali, oggi lo spread con i Bund tedeschi ha toccato i 247 punti base, non sono incoraggianti.

SOPRATTUTTO PIU’ TASSE

Fra i tagli di spesa, la parte del leone consiste nel taglio ai trasferimenti a Regioni, province e comuni (7,4 miliardi a regime) e alla spesa sanitaria (5), gestita dalle Regioni. Sono previsti anche tagli ai ministeri che, a regime, dovrebbero raggiungere i 6 miliardi. Verranno attuati col sistema dei tagli lineari a meno che i singoli dicasteri attuino le procedure previste dalle spending reviews, rivitalizzate dopo essere state abbandonate per tre anni. Le pensioni contribuiscono con circa un miliardo, ma alla luce di quanto affermato dal Governo dopo la presentazione della legge (il ritocco dell’indicizzazione riguarderà solo le pensioni di più di 2300 euro), il contributo netto si dovrebbe attestare attorno a 300 milioni).

IMPOSTE REGRESSIVE

Le maggiori entrate provengono soprattutto da imposte regressive, come l’imposta sui depositi titoli (che raggiungerà fino a 3 miliardi e mezzo), a somma fissa. Colpisce i piccoli risparmiatori azzerando i rendimenti di un investimento di 30.000 euro in titoli di stato. Poi ci sono le tasse sui giochi, praticati soprattutto da persone con redditi medio-bassi.
Le maggiorazioni all’Irap su banche e assicurazioni (quasi un miliardo di gettito nel 2012) sembrano incoerenti con l’obiettivo di ricapitalizzare gli istituti di credito.
La delega fiscale dovrà reperire 15 miliardi in aggiunta a quelli necessari per finanziare la rimodulazione delle aliquote Irpef che deve avvenire, secondo quanto sostenuto dal Governo, senza peggiorare la posizione di alcun contribuente. Quindi presumibilmente la manovra rinviata dovrà mobilizzare 25 miliardi con imposte sostitutive (l’unica spesa cui si fa riferimento nella legge delega è quella assistenziale).
A conti fatti, si tratta di una manovra che grava per due terzi sulle entrate e per un terzo sulle minor spese, Il contributo delle entrate sarà ancora maggiore se gli enti locali si rifaranno dei tagli ai trasferimenti aumentando le imposte locali. Da qui a fine legislatura, il contributo delle spese all’aggiustamento è addirittura negativo. Tutto l’onere grava sulle entrate. Si noti che nei documenti presentati alle autorità europee, il Governo si era impegnato ad un aggiustamento “prevalentemente sul lato della spesa”.

NIENTE SVILUPPO

Non si vedono misure per lo sviluppo, se non piccoli rifinanziamenti di fondi infrastrutturali. Nelle bozze circolate subito dopo il Consiglio dei Ministri c’era una liberalizzazione degli ordini professionali. Poi nel testo sono cominciate ad apparire eccezioni (niente notai, architetti, etc.). Infine l’articolo è uscito del tutto dalla manovra ed è apparsa una proposta di legge. Non è più che un elenco di titoli. Dovrebbe dare vita prima a un disegno di legge delega da porre al voto come provvedimento delegato alla manovra. Insomma siamo in altissimo mare. Come mostra l’esperienza delle lenzuolate di Bersani, queste riforme si fanno con i decreti o non si fanno.
Il sostegno agli startup era già nel decreto sviluppo. Qui ci sono solo risparmi sulla cifra stanziata in quella occasione. Ed è legittimo avanzare seri dubbi sull’efficacia di questa misura. In Italia nascono molte imprese: i tassi di natalità sono più o meno in linea con quelli degli altri paesi Ocse. Il problema è che queste imprese, poi, non crescono. Per rimuovere i vincoli alla crescita delle imprese bisognerebbe fare tante cose, tra cui avere mercati finanziari che funzionano meglio. E questa manovra si muove nella direzione opposta. Spingerà molti italiani a chiudere i depositi titoli e tenere ogni risparmio sul conto corrente (una compensazione per le banche colpite dall’inasprimento Irap?).

lavoce.info

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