Di Giuseppe Morello (http://affaritaliani.libero.it/politica/l_italia_in_afghanistan250711.html)
Se aveva un senso molti anni fa la nostra presenza in Afghanistan (e anche quella degli altri, a dirla tutta), oggi non ce l'ha più. Troppe condizioni sono cambiate, l'unica costante è che ogni 2 mesi cade un altro militare.
L'ultimo è il 28enne caporalmaggiore David Tobini, ennesima vittima di una presenza militare divenuta nel tempo improduttiva, costosa e sempre meno comprensibile.
L'ultimo è il 28enne caporalmaggiore David Tobini, ennesima vittima di una presenza militare divenuta nel tempo improduttiva, costosa e sempre meno comprensibile.
A oggi solo una parte davvero piccola degli obiettivi di quella missione sono stati raggiunti, e cioé tenere a bada alla meno peggio le frange terroristiche che si muovono nel paese. Ma a che prezzo?
Per il resto risultati zero: il terrorismo internazionale è ancora vivo e vegeto, mentre l'Afghanistan non sta conoscendo nessuna democratizzazione, cosí come l'intera area non è più stabile di 10 anni fa.
È comprensibile, prima di tutto per ragioni psicologiche, che gli Usa fatichino a decidere di andarsene, ma per noi italiani è diverso, e forse è arrivato il momento di fare i bagagli.
Questo non solo perché perdiamo in media un giovane militare ogni 2-3 mesi, ma anche per altre ragioni. La prima e più impellente è che queste missioni ci costano un occhio della fronte e, molto banalmente, non possiamo più permettercele se non pagando un prezzo salatissimo. Ha senso aumentare i ticket della sanitá per far quadrare i conti, per poi bruciare milioni di euro in blindati e truppe in una missione di cui non si vede la fine?
Ma c'è anche una questione strategica. Fino a qualche anno fa la nostra presenza si spiegava anche in termini di alleanze e di un nostro ruolo internazionale. Oggi, pur non essendo mutate le alleanze, la situazione è molto diversa, visto che i paesi occidentali sono divisi e concentrati più sulla situazione economica che sulle questioni geopolitiche.
Non si capisce dunque il motivo per perseverare in una guerra a bassa intensità, priva di progressi tangibili e con un bilancio di vittime desolante, sebbene spalmato nel tempo. Avremmo inoltre dovuto imparare che interventi militari di questo tipo non sono mai né precisi negli obiettivi e nelle scadenze, né prevedibili, visto che finiscono tutti in uno stillicidio da Vietnam permanente, ma a minore intensità.
Non si capisce dunque il motivo per perseverare in una guerra a bassa intensità, priva di progressi tangibili e con un bilancio di vittime desolante, sebbene spalmato nel tempo. Avremmo inoltre dovuto imparare che interventi militari di questo tipo non sono mai né precisi negli obiettivi e nelle scadenze, né prevedibili, visto che finiscono tutti in uno stillicidio da Vietnam permanente, ma a minore intensità.
Qualche anno fa disertare sarebbe stato furbastro e inopportuno. Oggi è forse necessario, visto che non si capisce oggi quali vantaggi derivino dal rimanere lí.
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