martedì 22 febbraio 2011

La Libia e l'Italia

In nome dell'accordo petrolifero, il Governo Berlusconi ha stretto legami con il dittatore libico, consentendo a quello di far sostare i suoi cammelli nella capitale d'Italia e di convertire ragazze italiane al culto di Maometto, almeno nella versione raccontata dal tiranno tripolitano. Non solo, ancora più grave è stata l'assunzione dei mercenari libici per arginare l'immigrazione verso le coste italiane: in questo modo l'Italia dell'inetto ministro Frattini ha sospeso anche il diritto d'asilo per quegli uomini e quelle donne che scappavano da dittature in cerca di libertà, come gli eritrei che attualmente vagano nel deserto del Sinai, oggetto delle sevizie dei mercanti d'uomini del deserto.


Dal blog NoiseFromAmerika, Michele Boldrin


Il comportamento del nostro governo rispetto alla Libia prova, se ve ne fosse bisogno, perché Silvio Berlusconi e la sua banda debbano essere mandati via al più presto possibile.



I fatti libici sono noti. Chi volesse un aggiornamento basta che visiti Al Jazeera. Sono anche noti a tutti l'inazione ed il silenzio del nostro governo, rotto solo negli ultimi due giorni da due interventi.
Primo quello del presidente del consiglio, che ha giustificato il suo totale silenzio affermando di non voler "disturbare" il suo amico Gheddafi. Oggi, di fronte alle reazioni del resto del mondo civile, il satrapo nazionale - noto estimatore di Gheddafi, il cui stile di vita cerca strenuamente di imitare mentre sogna di adottarne i metodi di governo - ha fatto emettere una nota della presidenza del consiglio nella quale
fa sapere di seguire con attenzione e preoccupazione l'evolversi della situazione e di considerare inaccettabile l'uso della violenza sulla popolazione civile. Nel comunicato si legge che il premier «è allarmato per l'aggravarsi degli scontri e per l'uso inaccettabile della violenza sulla popolazione civile». Nella nota Palazzo Chigi aggiunge che «L'Unione Europea e la Comunità internazionale dovranno compiere ogni sforzo per impedire che la crisi libica degeneri in una guerra civile dalle conseguenze difficilmente prevedibili, e favorire invece una soluzione pacifica che tuteli la sicurezza dei cittadini così come l'integrità e stabilità del Paese e dell'intera regione».
Di oggi l'intervento del ministro italiano degli esteri, il quale ha invitato l'Unione Europea a non "interferire" nelle vicende libiche. Dice Frattini che non vogliamo "esportare la democrazia", non in Libia almeno. In Iraq, come ci ha ricordato Filippo Solibello, invece sì: gli iracheni sono, evidentemente, più meritevoli dei libici. Un popolo, quest'ultimo, per il quale - sin da quando il generale Graziani esercitava la sua azione ''pacificatrice'' per ridare a Roma l'impero che, secondo i deliri fascisti, le spettava - le elites italiane sembrano avere ben scarsa considerazione.
Apprendiamo inoltre, dal Corriere della Sera, che la posizione ufficiale italiana è perfettamente allineata con quella della famiglia Gheddafi:
Rispetto alla Libia, il titolare della Farnesina auspica una «riconciliazione pacifica», arrivando a una Costituzione, come propone [il] figlio [di] Gheddafi.
Tutto ciò è così scandaloso da apparire banale, come solo il male politico riesce ad essere. Mentre un folle massacra la sua gente inerme, chi potrebbe fermarlo non agisce ma invita alla "stabilità del paese e dell'intera regione".

Segue

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