mercoledì 2 marzo 2011

Quando lo Ior difendeva i ricchi da fisco e comunisti

Un esposto del Codacons alla procura di Roma riapre una pagina di storia vaticana che il papa vorrebbe chiudere. Il sospetto è che la Santa Sede assumesse la proprietà fittizia di immobili solo per evitare le tasse La storia è complicata e apparentemente marginale. Però è molto significativa, e non a caso è finita sulla scrivania di Nello Rossi, il procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, che dallo scorso settembre indaga per violazione delle norme anti-riciclaggio sullo Ior, la banca vaticana, alla quale sono stati sequestrati 23 milioni di euro al centro di operazioni definite dagli investigatori “sospette”.

L’esposto presentato da Carlo Rienzi, presidente dell’associazione dei consumatori Codacons, prende le mosse da una microscopica causa per sfratto finita in Cassazione dopo otto anni di lite. L’inquilino sfrattato, ricostruendo i passaggi di proprietà della casa presa in affitto nel 1978, ha scoperto che una notevole massa di beni immobili, di proprietà della famiglia Sacchetti, hanno fatto avanti e indietro in modo quantomeno acrobatico tra il portafoglio dei ricchissimi e noti proprietari e quello dello Ior.

Tutto inizia nel 1973. La Tarquinia spa, società che conteneva una lunga lista di immobili della famiglia Sacchetti, decide di donare tutto il suo patrimonio allo Ior. La donazione è fatta dall’amministratore unico della società, Luigi Mennini, omonimo del Luigi Mennini che era braccio destro di monsignor Paul Marcinkus al vertice dello Ior e fu arrestato nel 1981 per il crac Sindona e nel 1987 per il crac Ambrosiano. Oggetto della donazione, tra l’altro, 800 ettari di terreni nel comune di Tarquinia (Vt) e svariati appartamenti nella Capitale.

Secondo Rienzi si trattò di una donazione fittizia, e adesso toccherà ai magistrati valutare la fondatezza dell’accusa, mentre il senatore dell’Italia dei Valori Elio Lannutti ha presentato un’interrogazione parlamentare suggerendo che l’Agenzia delle Entrate valuti i profili di evasione fiscale di tutta la vicenda. L’evasione fiscale non si prescrive.

Il punto è che tutto lascia pensare a una donazione con l’elastico. Nel 1988, quindici anni dopo la donazione, la Tarquinia spa ha lanciato un aumento di capitale da 200 a 775 milioni di lire, interamente sottoscritto dallo Ior con il conferimento di immobili provenienti dalla donazione della stessa Tarquinia. Lo Ior diventa dunque azionista di maggioranza della società.

Ma dalle carte faticosamente messe insieme dallo studio Rienzi emerge che nel 1998, secondo un atto notarile, il signor Giulio Sacchetti risulta unico proprietario del capitale della Tarquinia srl, pari a 775 milioni come dieci anni prima quando azionista di maggioranza era diventato lo Ior.

Il Codacons non è stato in grado di risalire al meccanismo con cui lo Ior è uscito dalla proprietà della Tarquinia. Forse una banale compravendita. In ogni caso Rienzi ipotizza, e quindi segnala alla Procura della Repubblica di Roma, il reato di “omessa/parziale dichiarazione delle plusvalenze”. Infatti lo Ior, in base al Trattato tra Italia e Santa Sede del 1929 e a una serie di leggi conseguenti e successive, non paga nessun tipo di tassa sugli immobili: niente imposte dirette (sul reddito), niente Invim (tassazione del maggior valore) o imposta di registro al momento della compravendita, e via esentando.

Secondo l’accusa di Rienzi (che rimane tutta da dimostrare) lo Ior avrebbe svolto in passato un ruolo prezioso per i grandi proprietari immobiliari vicini alla Curia vaticana: assumeva fittiziamente la proprietà dei beni in modo da sottrarli alle grinfie del fisco. Negli anni Settanta, secondo il presidente del Codacons, parcheggiare i patrimoni sotto l’ombrello del Vaticano serviva anche a esorcizzare i timori legati all’avanzata elettorale del Pci (timori forse ingiustificati, ma nondimeno presenti in larga parte della plutocrazia capitolina).

Lo scorso 30 dicembre il papa ha pubblicato un Motu proprio , equivalente a una legge, per adeguare la Santa sede agli standard occidentali in materia di “prevenzione e contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario”. La commissione cardinalizia che sovrintende alle attività dello Ior ha dato espressa delega al presidente Ettore Gotti Tedeschi per adeguarsi alle nuove norme della trasparenza papale.

da Il Fatto quotidiano del 2 marzo 2011

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