L’8 Dicembre si svolgeranno le primarie aperte del Partito Democratico per eleggere il suo segretario nazionale e candidato premier e la sua assemblea nazionale.
Il voto avverrà alla fine di un lungo percorso, che vedrà coinvolti migliaia e migliaia di nostri circoli , in un dibattito aperto e appassionato che coinvolgerà tutti coloro che vogliono partecipare e dare il proprio contributo alla rinascita e al cambiamento dell’Italia. Su questo sito troverete tutte le informazioni utili per partecipare ed essere protagonisti: dalle mozioni con le quali i candidati presentano le loro idee e i loro programmi, ai regolamenti e le modalità di voto. Ci sarà la possibilità di trovare facilmente i seggi dove votare e sarete informati sui grandi eventi che riguardano i confronti tra i candidati. Primariepd2013 è a disposizione di tutti, soprattutto di chi vuole fare della giornata dell’8 Dicembre la grande festa della democrazia e della libertà.
Buone Primarie a tutti.
http://www.primariepd2013.it/
venerdì 15 novembre 2013
"Il Partito Democratico si Auto-rinnova"
Il Partito Democratico di San Giustino in vista delle primarie dell'8 dicembre che eleggeranno il nuovo segretario nazionale sta organizzando i seggi per permettere a tutti i nostri concittadini di partecipare a questo appuntamento elettorale, fondamentale per la vita democratica del nostro partito ma soprattutto dell'Italia. A tal proposito saranno predisposti 3 seggi elettorali (San Giustino, Selci e Lama).
Il Pd San Giustino sta anche concludendo la fase congressuale antecedente le primarie nazionali; a questo riguardo ci saranno prossimamente altre 2 importanti occasioni di vita democratica: la consultazione degli iscritti del Pd che decideranno i candidati da sottoporre alle primarie dell'8 dicembre ed il congresso comunale che traccerà le linee politiche future per il nostro comune ed individuerà il nuovo coordinatore comunale. La consultazione degli iscritti si terrà in 3 appuntamenti: circolo San Giustino Domenica dalle 9 alle 13 c/o sede Pd via Rubechi, circolo Lama sabato dalle 16 alle 18 c/o sede Pd Lama e circolo Selci sabato dalle 16 alle 18 c/o sede Pd Selci. Il congresso comunale si terrà invece nella settimana dal 23 al 30 novembre (data ed orario ancora da definire) e vedrà l'impegno dei nuovi delegati a rappresentare il Pd a livello comunale per definire la linea politica da percorrere nei prossimi mesi ed anni e per individuare la figura migliore a coordinare tale strategia politica (Guerrieri Daniele, Barcellini Enrico, Ceccarini Stefania, Chiasserini Pietro, Dini Silvia, Minelli Marcello, Rossi Giuseppe, Mencarini Marco, Pieracci Carlo, Valentini Maurizio, Pompei Paolo, Vezzini Andrea, Battistelli Roberto, Meozzi Marco, Mazzoni Davide, Fratini Paolo, Mazzoni Sandra, Mearelli Vania, Mariannelli Assunta, Veschi Stefano, Mattioni Walter, Braccalenti Walter, Buschi Fabio, Magrini Stefano, Mancini Elisa, Torrioli Catia, Matteucci Giovanni, Castagnoli Maurizio, Grilli Maurizio, Inferrera Maria, Bistoni Daniele, Gabrielli Leonardo, Leandri Riccardo, Tacchini Elisa e Bendini Luisa).
Con l'occasione si augura buon lavoro a tutti 3 i circoli del nostro territorio che hanno rinnovato già i propri direttivi e le figure di coordinatori: Pietro Chiasserini per San Giustino, Assunta Mariannelli per Lama e Maria Inferrera per Selci.
Il Pd ha di fronte a sè molte occasioni democratiche, che sono fonte di tanto impegno lavorativo volontario ma che sono soprattutto anche i momenti più importanti per la programmazione del nostro futuro.
Il Coordinatore Comunale
Guerrieri Daniele
martedì 1 ottobre 2013
COMUNICATO STAMPA E78
COMUNICATO STAMPA
San Giustino non ha mai promosso azioni ostili alla realizzazione dell’E78. Abbiamo sempre registrato una grande attenzione e partecipazione sulle modalità di realizzazione di questa opera, ed abbiamo favorito la ricerca di soluzioni migliorative nel rispetto della sostenibilità ambientale, della salvaguardia della salute e dello sviluppo economico. Principi più importanti rispetto al basso costo di realizzazione dell'opera. In sintesi secondo noi “costruire male per pagare meno significa sacrificare il futuro di un territorio”.
Questo stesso territorio, dopo anni di discussione, aveva trovato una sintesi comune e condivisa. Sintesi che oggi appare calpestata dalla Regione Umbria e dai privati interessati al Project Financing dell’opera. Privati peraltro non sconosciuti , dal momento che stanno ultimando la costruzione della Perugia -Civitanova Marche, e che supponiamo siano a conoscenza del dibattito e delle posizioni che gli enti locali territoriali avevano assunto sulla e 78 Fano Grosseto.
L'avvento di una società pubblico-privata sembra superare in un sol colpo tutte le sensibilità, i principi e le posizioni politiche promosse dai cittadini, dalle pubbliche amministrazioni e della forze politiche, assumendo come unico principio guida quello del “minor costo di realizzazione”.
Questa realtà di fatto richiama tutti alle proprie responsabilità ed il PD di San Giustino non vi si sottrae. La salvaguardia del territorio e dello sviluppo sostenibile sono e saranno principi fondanti di tutte le azioni presenti e future del PD di San Giustino. Azioni che saranno realizzate con la massima condivisione tra i soggetti istituzionali, economici e culturali dell'Alto Tevere.
Con senso di responsabilità, facendo nostre le preoccupazioni provenienti dalle ultimissime vicende salite agli onori della cronaca giudiziaria, chiediamo che gli Enti pubblici coinvolti, in primis la Regione Umbria, si impegnino immediatamente in un'azione di rinnovata trasparenza degli iter decisionali ed amministrativi, alle ipotesi progettuali, al rapporto con i privati, al quadro economico dell’opera e tutto ciò che concerne la realizzazione di questa grande arteria stradale. Nello specifico riteniamo indispensabile conoscere se la Regione Umbria ritenga di avere correttamente espletato, “formalmente” e “sostanzialmente”, tutte le fasi di coinvolgimento dei Comuni interessati. Chiediamo inoltre che la Regione Umbria pubblichi, se esiste, un progetto integrato che renda evidenti E78, E45 , piastra logistica e il loro impatto sulla mobilità del territorio interessato. In assenza di tale piano chiediamo alla Regione Umbria di spiegare quali siano i motivi che non l'abbiano indotta a fermare i lavori di realizzazione della piastra logistica, correndo così il rischio di realizzare un luogo destinato alla sosta e allo scambio delle merci a chilometri di distanza dalle vie di grande comunicazione per le quali era stato progettato.
Insomma si corre il rischio di costruire l'ennesima cattedrale nel deserto, insignificante per le ragioni dello sviluppo economico e deleteria per la salute dei cittadini.
Il Coordinatore
Daniele Guerrieri
mercoledì 28 dicembre 2011
FIAT MARCHIONNE: DEBACLE! da www.wallstreetitalia.com
Alcune notizie riguardanti il gruppo Fiat/Chrysler vanno valutate in termini oggettivi, in questo scorcio di fine anno, a partire dal fatto che quasi tutte le news riguardanti Torino sono censurate in Italia dalla grande stampa, e Wall Street Italia ritiene invece doveroso pubblicarle. La verita' e' che il ceo del gruppo Fiat/Chrysler, Sergio Marchionne, appare sempre piu' un giocatore di poker, aggressivo e cinico, il cui bluff potrebbe essere presto scoperto. Parliamo di fallacia di una strategia industriale da parte del leader di una grande azienda automobilistica, non ci sogneremmo mai di esaminare la questione dal solo "angolo" sindacale o da quello puramente finanziario (takeover di Fiat fino al 100% di Chrysler entro il 2012). Qui in ogni caso si parla di mercato Usa e non di Italia o Europa.
La Fiat di Marchionne resta comunque un pianeta in parte misterioso, infatti se molti analisti pensano che il ceo sia stato geniale a salvare il Lingotto dal crack qualche anno fa, molti altri esperti del settore auto ritengono che non siano piu' tempi di ambizione unita alla sola finanza, e' proprio l'industria - cioe' l'auto, i prodotti, i modelli che piacciono al mercato - che qui langue. Marchionne e' riuscito a investire una bazzecola, meno di $2 miliardi di dollari in cash, consolidando in bilancio la piu' piccola delle tre Big di Detroit, Chrysler, che ne valeva 8,3 sulla base dei conteggi dell'amministrazione Obama ai tempi del salvataggio (fine 2008) ma con un patrimonio netto tangibile negativo per 9,2 miliardi di dollari.
Secondo alcune fonti (tra cui un articolo del Corriere della Sera, di cui Fiat e' azionista, intitolato Fiat-Chrysler, il Peso dei Debiti sull'Ascesa di Marchionne), l'indebitamento complessivo del gruppo Fiat/Chrysler ammonta a 40,5 miliardi di euro e potrebbe arrivare presto a circa 45 miliardi, sommando ai debiti consolidati (26 miliardi, che si stanno avvicinando a 30) i 14,5 miliardi di Fga Capital, la joint venture con il Crédit Agricole avviata per finanziare gli acquisti della clientela.
Leggere: Bilanci e risultati Fiat primo semestre 2011.
Nel 2010 il gruppo automobilistico controllato della famiglia Agnelli aveva quasi 31 miliardi di euro di indebitamento finanziario totale, pari al 255% del capitale netto ma con una posizione finanziaria netta inferiore (-43%) di 17,4 miliardi dovuta a 13,4 miliardi di liquidità.
Ma veniamo alle news dell' ultimo mese e mezzo non circolate in Italia. Sono le seguenti:
1) Laura Soave, 39 anni, responsabile del brand e marketing di Fiat 500 in Nord America, e' stata silurata dopo appena 20 mesi dalla nomina; al suo posto e' stato chiamato l'11 novembre scorso Timothy Kuniskis, 44 anni, veterano Chrysler con 19 anni di carriera a Detroit.
2) Le vendite della Fiat 500 negli Stati Uniti sono a fine anno meno della meta' rispetto alle stime previste nel budget 2011. Un clamoroso, terribile flop, che non ha nulla a che fare con il mercato o la recessione ma solo con il lancio di un modello sbagliato e non adatto al mercato americano.
3) Decine di dealer Usa che hanno firmato un contratto di esclusiva con Fiat sono oggi sull'orlo della bancarotta, per impegni finanziari divenuti insostenibili: le vendite della 500 hanno gia' toccato un picco e sono stimate in ulteriore calo, stando agli ultimi report della stampa specializzata.
4) La National Highway Traffic Safety Administration Usa il 9 dicembre ha affibbiato alla Fiat 500 un rating sulla sicurezza di 3 stelle, il peggiore in assoluto assegnato finora negli Stati Uniti a un nuovo modello auto. Questa e' la notizia piu' recente ed e' destinata a incidere pesantemente sulle vendite gia' insoddisfacenti della 500 in America.
Partendo da quest'ultima news, ci si chiede con quale superficialita' il vertice del Lingotto (Marchionne con i manager del team tecnico) possa aver pianificato il lancio di un'auto nuova negli Stati Uniti senza aver prima dato per acquisito l'ottenimento dei requisiti anche tecnici necessari al successo, in un mercato come quello Usa particolarmente competitivo e affollato dei migliori competitor mondiali.
Il giudizio dell'ente federale Usa sulla sicurezza e' netto. La National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) ha assegnato 4 stelle sulla sicurezza della Fiat 500 in un incidente frontale e negli incidenti in cui si verifica un capottamento ma ha affibiato 2 stelle negli incidenti con impatto laterale.
L'agenzia federale americana lo ha annunciato sul suo website safercar.gov. Il rating e' peggiore di altre auto piccole della stessa categoria e soprattutto peggiore della grande maggioranza dei veicoli di ogni categoria venduti in America. Per adesso solo altre due auto - la Dodge Caliber (Chrysler) e il SUV Ford Escape hanno ricevuto 3 stelle per la sicurezza da parte della NHTSA (durata video: 6:16).
L'agenzia federale Usa segnala (vedere link sopra) che un maschio di media corporatura alla guida riceve 5 stelle in termini di protezione, ma una donna di media corporatura al posto del passeggero (sedile di destra) ha 2 stelle in termini di protezione. Secondo la NHTSA un passeggero sul sedile posteriore soffre ferite alle costole peggiori dell'usuale.
Ma torniamo al management responsabile del lancio di Fiat 500 negli Usa. Per quanto riguarda Kuniskis, il nuovo manager che ha sostituito Laura Soave, "eredita una rete di concessionari che non ha avuto un attimo di tregua e che ha investito pesantemente in saloni di vendita per i quali il fatturato e' molto meno di quanto il ceo di Chrysler-Fiat Sergio Marchionne avesse progettato dal franchise di un modello singolo, la piccola Fiat 500", scrive l'autorevole Automotive News di Detroit.
Marchionne aveva predetto che la Fiat 500 avrebbe venduto 50.000 auto all'anno in Nord America. Dal lancio lo scorso marzo le vendite negli Stati Uniti, Canada e Messico sono state di 21.380 auto fino a ottobre, ha detto il portavoce di Chrysler Ariel Gavilan. Secondo l'azienda 130 concessionari vendono la Fiat 500 (dati di ottobre) "ma solo 101 hanno per ora effettuato vendite". Da notare che la BMW ha venduto quest'anno sul mercato Usa 47.050 Mini fino a ottobre, si tratta del modello diretto concorrente della 500, reperibile in 90 concessionari e per il cui marketing i tedeschi hanno un budget limitato. Fino a tutto novembre Chrysler ha venduto 17.444 Fiat 500 negli Stati Uniti, con 11.200 unita' ferme all'1 dicembre, un magazzino di 173 giorni. Chrysler Group riporta vendite di appena 1.618 Fiat 500 a novembre, il terzo mese consecutivo di vendite in calo rispetto al mese precedente.
Le vendite di Fiat 500 vanno cosi' male che Chrysler Group ha sospeso la produzione a dicembre del motore da 1.4 litri FIRE con cui e' equipaggiata l'auto, ha detto uno dei responsabiili sindacali della UAW (United Auto Worker) di Detroit.
Questa situazione "ha cominciato a preoccupare i concessionari - scrive Automotive News - alcuni dei quali hanno investito fino a $3 milioni in negozi con un franchise unico obbligatorio dove puo' essere venduto un solo prodotto. Alcuni di questi dealers dicono che stanno perdendo decine di migliaia di dollari ogni mese".
Tenendo conto che Timothy Kuniskis ha rilanciato una massiccia campagna pubblicitaria in tv, in onda in questi giorni negli Usa, con J-Lo (Jennifer Lopez) come testimonial (cio' potrebbe pero' alienare i potenziali acquirenti maschi) sentiamo cosa dicono gli analisti americani del settore auto. Joe Langley, senior analyst di LMC Automotive, dichiara: "Lo stile iconico e grazioso della 500 la portera' solo fino ad un certo punto del mercato, passata la fase di chi compra sull'onda dell'ultima moda. Senza prevedere un messaggio di marketing piu' preciso per il brand, la Fiat avra' difficolta' a strappare clienti da altri marchi che sono invece ben conosciuti e stabilizzati in America".
Alan Baum di Baum and Associates dice che "la Fiat 500 non e' stata disegnata per il mercato degli Stati Uniti, ma invece semplicemnte piazzata li'". Secondo Baum i problemi sperimentati con il lancio della Fiat - dopo 27 anni di assenza dal mercato - "hanno reso la vita difficile ai concessionari, ai quali e' stato chiesto di investire sostanziali somme di denaro per le nuove showrooms". "Cio' continuera' ad avere un impatto, e sta gia' pesando sul rilancio dell'Alfa Romeo sul mercato Usa", ha spiegato Baum all'Agence France Press. Secondo Langley le vendite della Fiat 500 hanno toccato gia' il picco massimo, e nonostante gli sforzi e gli investimenti massicci del gruppo nella campagna di spot in Tv a livello nazionale (Usa) per i prossimi mesi i numeri cominceranno a calare.
L'opinione generale e' comunque quella dettata dal buon senso. E' difficile vendere la Fiat 500 negli Stati Uniti perche' e' un'auto piccola che costa molto cara (15.500 dollari il modello di partenza, vedi Edmunds.com). Ecco alcuni commenti postati sul sito di Automotive News da esperti del settore che esprimono il loro sentiment sulla piccola auto "made in Italy" (con carrozzeria fabbricata in Messico):
"Il volume di vendita iniziale previsto in 50.000 Fiat 500 era semplicemente stupido in un paese che ama le automobili grandi e dove i veicoli che vendono di piu' sono da decenni i pickup e i SUV".
"Sergio Marchionne ed altri ben pagati manager Fiat/Chrysler devono uscire ogni tanto dalla loro torre d'avorio e avvicinarsi alla gente comune. Poche persone che hanno come caratteristica la praticita', che vanno al lavoro tutti i giorni, che forse hanno un figlio o due, e hanno bisogno di una macchina sicura, affidabile ed economica, sono disposte a pagare un prezzo cosi' alto per una Fiat 500. Questa e' un'auto giocattolo con il prezzo di una grande auto. Il risultato, e' che le vendite sono patetiche, come di fatto lo sono. Sul lato americano - Chrysler era in rianimazione quasi morta, e forse avrebbe dovuto essere sacrificata per lasciare spazio ad aziende piu' competenti. Sul lato italiano - loro hanno chiaramente e severamente misinterpretato il mercato auto americano".
"Ma Marchionne quando capira' che la 500 e' un'auto che non raggiungera' gli obiettivi, sovrastimata, prezzata troppo alta, troppo sbandierata e sovra-esposta, in questo mercato? Per $16.000 dollari chiunque potrebbe comprare una vera auto. Questo e' il terzo tentativo di ingresso della Fiat negli Stati Uniti da quando io ho cominciato a lavorare in questo settore nel '61. Gli italiani certamente apprendono con lentezza".
"Io penso, signor Conley, che il problema e' sempre stato l'incompatibilita' tra un business familiare in Italia e il consumismo americano del nercato di massa. L'istinto di base di praticamente tutti gli imprenditori italiani e' di vendere la lora benamata madre piuttosto che mollare sul fronte dei profitti. Ed e' proprio cio' che ha portato la FIAT a cercare una presentazione stile boutique ad un prezzo molto alto per la 500. Gli italiani odiano competere sul prezzo. Ma qui in America e' un desiderio di morte/suicidio per ogni uomo d'affari"
www.wallstreetitalia.com
La Fiat di Marchionne resta comunque un pianeta in parte misterioso, infatti se molti analisti pensano che il ceo sia stato geniale a salvare il Lingotto dal crack qualche anno fa, molti altri esperti del settore auto ritengono che non siano piu' tempi di ambizione unita alla sola finanza, e' proprio l'industria - cioe' l'auto, i prodotti, i modelli che piacciono al mercato - che qui langue. Marchionne e' riuscito a investire una bazzecola, meno di $2 miliardi di dollari in cash, consolidando in bilancio la piu' piccola delle tre Big di Detroit, Chrysler, che ne valeva 8,3 sulla base dei conteggi dell'amministrazione Obama ai tempi del salvataggio (fine 2008) ma con un patrimonio netto tangibile negativo per 9,2 miliardi di dollari.
Secondo alcune fonti (tra cui un articolo del Corriere della Sera, di cui Fiat e' azionista, intitolato Fiat-Chrysler, il Peso dei Debiti sull'Ascesa di Marchionne), l'indebitamento complessivo del gruppo Fiat/Chrysler ammonta a 40,5 miliardi di euro e potrebbe arrivare presto a circa 45 miliardi, sommando ai debiti consolidati (26 miliardi, che si stanno avvicinando a 30) i 14,5 miliardi di Fga Capital, la joint venture con il Crédit Agricole avviata per finanziare gli acquisti della clientela.
Leggere: Bilanci e risultati Fiat primo semestre 2011.
Nel 2010 il gruppo automobilistico controllato della famiglia Agnelli aveva quasi 31 miliardi di euro di indebitamento finanziario totale, pari al 255% del capitale netto ma con una posizione finanziaria netta inferiore (-43%) di 17,4 miliardi dovuta a 13,4 miliardi di liquidità.
Ma veniamo alle news dell' ultimo mese e mezzo non circolate in Italia. Sono le seguenti:
1) Laura Soave, 39 anni, responsabile del brand e marketing di Fiat 500 in Nord America, e' stata silurata dopo appena 20 mesi dalla nomina; al suo posto e' stato chiamato l'11 novembre scorso Timothy Kuniskis, 44 anni, veterano Chrysler con 19 anni di carriera a Detroit.
2) Le vendite della Fiat 500 negli Stati Uniti sono a fine anno meno della meta' rispetto alle stime previste nel budget 2011. Un clamoroso, terribile flop, che non ha nulla a che fare con il mercato o la recessione ma solo con il lancio di un modello sbagliato e non adatto al mercato americano.
3) Decine di dealer Usa che hanno firmato un contratto di esclusiva con Fiat sono oggi sull'orlo della bancarotta, per impegni finanziari divenuti insostenibili: le vendite della 500 hanno gia' toccato un picco e sono stimate in ulteriore calo, stando agli ultimi report della stampa specializzata.
4) La National Highway Traffic Safety Administration Usa il 9 dicembre ha affibbiato alla Fiat 500 un rating sulla sicurezza di 3 stelle, il peggiore in assoluto assegnato finora negli Stati Uniti a un nuovo modello auto. Questa e' la notizia piu' recente ed e' destinata a incidere pesantemente sulle vendite gia' insoddisfacenti della 500 in America.
Partendo da quest'ultima news, ci si chiede con quale superficialita' il vertice del Lingotto (Marchionne con i manager del team tecnico) possa aver pianificato il lancio di un'auto nuova negli Stati Uniti senza aver prima dato per acquisito l'ottenimento dei requisiti anche tecnici necessari al successo, in un mercato come quello Usa particolarmente competitivo e affollato dei migliori competitor mondiali.
Il giudizio dell'ente federale Usa sulla sicurezza e' netto. La National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) ha assegnato 4 stelle sulla sicurezza della Fiat 500 in un incidente frontale e negli incidenti in cui si verifica un capottamento ma ha affibiato 2 stelle negli incidenti con impatto laterale.
L'agenzia federale americana lo ha annunciato sul suo website safercar.gov. Il rating e' peggiore di altre auto piccole della stessa categoria e soprattutto peggiore della grande maggioranza dei veicoli di ogni categoria venduti in America. Per adesso solo altre due auto - la Dodge Caliber (Chrysler) e il SUV Ford Escape hanno ricevuto 3 stelle per la sicurezza da parte della NHTSA (durata video: 6:16).
L'agenzia federale Usa segnala (vedere link sopra) che un maschio di media corporatura alla guida riceve 5 stelle in termini di protezione, ma una donna di media corporatura al posto del passeggero (sedile di destra) ha 2 stelle in termini di protezione. Secondo la NHTSA un passeggero sul sedile posteriore soffre ferite alle costole peggiori dell'usuale.
Ma torniamo al management responsabile del lancio di Fiat 500 negli Usa. Per quanto riguarda Kuniskis, il nuovo manager che ha sostituito Laura Soave, "eredita una rete di concessionari che non ha avuto un attimo di tregua e che ha investito pesantemente in saloni di vendita per i quali il fatturato e' molto meno di quanto il ceo di Chrysler-Fiat Sergio Marchionne avesse progettato dal franchise di un modello singolo, la piccola Fiat 500", scrive l'autorevole Automotive News di Detroit.
Marchionne aveva predetto che la Fiat 500 avrebbe venduto 50.000 auto all'anno in Nord America. Dal lancio lo scorso marzo le vendite negli Stati Uniti, Canada e Messico sono state di 21.380 auto fino a ottobre, ha detto il portavoce di Chrysler Ariel Gavilan. Secondo l'azienda 130 concessionari vendono la Fiat 500 (dati di ottobre) "ma solo 101 hanno per ora effettuato vendite". Da notare che la BMW ha venduto quest'anno sul mercato Usa 47.050 Mini fino a ottobre, si tratta del modello diretto concorrente della 500, reperibile in 90 concessionari e per il cui marketing i tedeschi hanno un budget limitato. Fino a tutto novembre Chrysler ha venduto 17.444 Fiat 500 negli Stati Uniti, con 11.200 unita' ferme all'1 dicembre, un magazzino di 173 giorni. Chrysler Group riporta vendite di appena 1.618 Fiat 500 a novembre, il terzo mese consecutivo di vendite in calo rispetto al mese precedente.
Le vendite di Fiat 500 vanno cosi' male che Chrysler Group ha sospeso la produzione a dicembre del motore da 1.4 litri FIRE con cui e' equipaggiata l'auto, ha detto uno dei responsabiili sindacali della UAW (United Auto Worker) di Detroit.
Questa situazione "ha cominciato a preoccupare i concessionari - scrive Automotive News - alcuni dei quali hanno investito fino a $3 milioni in negozi con un franchise unico obbligatorio dove puo' essere venduto un solo prodotto. Alcuni di questi dealers dicono che stanno perdendo decine di migliaia di dollari ogni mese".
Tenendo conto che Timothy Kuniskis ha rilanciato una massiccia campagna pubblicitaria in tv, in onda in questi giorni negli Usa, con J-Lo (Jennifer Lopez) come testimonial (cio' potrebbe pero' alienare i potenziali acquirenti maschi) sentiamo cosa dicono gli analisti americani del settore auto. Joe Langley, senior analyst di LMC Automotive, dichiara: "Lo stile iconico e grazioso della 500 la portera' solo fino ad un certo punto del mercato, passata la fase di chi compra sull'onda dell'ultima moda. Senza prevedere un messaggio di marketing piu' preciso per il brand, la Fiat avra' difficolta' a strappare clienti da altri marchi che sono invece ben conosciuti e stabilizzati in America".
Alan Baum di Baum and Associates dice che "la Fiat 500 non e' stata disegnata per il mercato degli Stati Uniti, ma invece semplicemnte piazzata li'". Secondo Baum i problemi sperimentati con il lancio della Fiat - dopo 27 anni di assenza dal mercato - "hanno reso la vita difficile ai concessionari, ai quali e' stato chiesto di investire sostanziali somme di denaro per le nuove showrooms". "Cio' continuera' ad avere un impatto, e sta gia' pesando sul rilancio dell'Alfa Romeo sul mercato Usa", ha spiegato Baum all'Agence France Press. Secondo Langley le vendite della Fiat 500 hanno toccato gia' il picco massimo, e nonostante gli sforzi e gli investimenti massicci del gruppo nella campagna di spot in Tv a livello nazionale (Usa) per i prossimi mesi i numeri cominceranno a calare.
L'opinione generale e' comunque quella dettata dal buon senso. E' difficile vendere la Fiat 500 negli Stati Uniti perche' e' un'auto piccola che costa molto cara (15.500 dollari il modello di partenza, vedi Edmunds.com). Ecco alcuni commenti postati sul sito di Automotive News da esperti del settore che esprimono il loro sentiment sulla piccola auto "made in Italy" (con carrozzeria fabbricata in Messico):
"Il volume di vendita iniziale previsto in 50.000 Fiat 500 era semplicemente stupido in un paese che ama le automobili grandi e dove i veicoli che vendono di piu' sono da decenni i pickup e i SUV".
"Sergio Marchionne ed altri ben pagati manager Fiat/Chrysler devono uscire ogni tanto dalla loro torre d'avorio e avvicinarsi alla gente comune. Poche persone che hanno come caratteristica la praticita', che vanno al lavoro tutti i giorni, che forse hanno un figlio o due, e hanno bisogno di una macchina sicura, affidabile ed economica, sono disposte a pagare un prezzo cosi' alto per una Fiat 500. Questa e' un'auto giocattolo con il prezzo di una grande auto. Il risultato, e' che le vendite sono patetiche, come di fatto lo sono. Sul lato americano - Chrysler era in rianimazione quasi morta, e forse avrebbe dovuto essere sacrificata per lasciare spazio ad aziende piu' competenti. Sul lato italiano - loro hanno chiaramente e severamente misinterpretato il mercato auto americano".
"Ma Marchionne quando capira' che la 500 e' un'auto che non raggiungera' gli obiettivi, sovrastimata, prezzata troppo alta, troppo sbandierata e sovra-esposta, in questo mercato? Per $16.000 dollari chiunque potrebbe comprare una vera auto. Questo e' il terzo tentativo di ingresso della Fiat negli Stati Uniti da quando io ho cominciato a lavorare in questo settore nel '61. Gli italiani certamente apprendono con lentezza".
"Io penso, signor Conley, che il problema e' sempre stato l'incompatibilita' tra un business familiare in Italia e il consumismo americano del nercato di massa. L'istinto di base di praticamente tutti gli imprenditori italiani e' di vendere la lora benamata madre piuttosto che mollare sul fronte dei profitti. Ed e' proprio cio' che ha portato la FIAT a cercare una presentazione stile boutique ad un prezzo molto alto per la 500. Gli italiani odiano competere sul prezzo. Ma qui in America e' un desiderio di morte/suicidio per ogni uomo d'affari"
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domenica 25 dicembre 2011
(BUON) NATALE
Il Natale non fa tutti più buoni: fa tutti più vuoti. Il cristiano che fa shopping di regali e strenne natalizie rappresenta un caso di sdoppiamento della personalità: in tutta buona fede crede che Gesù nacque figlio di Dio a Betlemme, segnando in una stalla lo spartiacque decisivo della storia umana; contemporaneamente, è perfettamente cosciente che tale evento non condiziona la sua vita reale, in quanto l’epoca moderna, disincantata e secolarizzata, è scristianizzata. Siccome l’economia tende a inglobare ogni forma di espressione umana, quegli appuntamenti che nonostante tutto mantengono in vita una sia pur debole fiammella di fede ultraterrena si trasformano in orge di bancomat e scontrini.
Babbo Natale e l’albero dei doni, americanizzazioni di antichi miti pagani europei, vincono sul Bambinello e sulla Vergine, perché più adatti a innescare la corsa agli acquisti commerciali.
Questo lo sa benissimo anche il devoto che va alla messa notturna del 25 dicembre, e lo accetta di buon grado. Per quieto vivere, perché così fanno gli altri, per abitudine. Ma soprattutto perché, dopo due secoli di sistematica estirpazione del sacro dall’esistenza quotidiana, non riesce a percepire il divino. E lo sostituisce malamente con una fedeltà a riti di massa che non sono morti solo perché una parvenza di tradizione spirituale serve ad appagare il bisogno innato di trascendenza e di comunità. E’ la sensazione di una notte, sia chiaro. Per il resto c’è la carta di credito.
Eppure quel bisogno preme, non si dà pace, è insoddisfatto. Non è umanamente sostenibile una religiosità circoscritta a qualche giornata di contrizione ipocrita, o, bene che vada, alla particola domenicale. E’ nelle difficoltà di ogni giorno che al comune ateo travestito da credente manca la forza rassicurante e rigenerante del divino, del numinoso. L’aura sacra che un tempo avvolgeva ogni momento del nostro passaggio sulla terra si è eclissata, scacciata con ignominia dalla spasmodica ricerca di ritrovare in tutto una causa dimostrabile.
La morte di Dio ci ha lasciati soli con una tecnica scientifica che ha razionalizzato la natura mortificandola, e con una logica economica che va per conto suo, incontrollata e disanimata, rubandoci la libertà di cambiare il corso della storia. Siamo soli col denaro, vero nostro Signore. Dice bene Sergio Sermonti, scienziato anti-scientista – un apparente ossimoro che gli è costato l’ostracismo pubblico: «Come insegnava Goethe, non dovremmo chiederci il perché ma il come delle cose. Nel chiedere il perché c’è un tacito presupposto che dietro ogni cosa ci sia un’intenzione, un proposito (appunto, un “perché”) e quindi che ogni cosa sia scomposta o scomponibile in fini e strumenti, o mezzi di produzione, come un’azienda umana. Sotto tutto questo c’è una sottile mentalità ottimistica, economicistica, produttivistica. No. Il mondo opera su un’altra dimensione, galleggia nell’eterno, è sospeso nell’infinito, ed è per l’appunto questo spostarci nelle sue dimensioni incantate il più raffinato e prezioso risultato della conoscenza, e non, al contrario, quello di rovesciare il mondo ai nostri piedi» (“L’anima scientifica”, La Finestra, Trento, 2003).
Per recuperare il senso del divino, il cristianesimo ormai serve a poco. E’ troppo compromesso con la modernizzazione, essendosene spesso lasciato usare come puntello e bandiera. Le Chiese sopravvivono nell’acquiescenza allo stile di vita radicalmente anticristiano dell’uomo consumato dai consumi. In particolare i Papi, incluso l’ultimo, il tradizionalista Ratzinger, si sono arresi a Mammona, e non c’è un prete a pagarlo oro che si scagli contro i moderni mercanti nel tempio: preferiscono i facili anatemi sulle unioni omosessuali e le comode prediche sulla fame in Africa. Il cristiano ha dimenticato il pauperismo di San Francesco d’Assisi, ha rinnegato l’umanesimo dei pontefici rinascimentali, ha sepolto l’antimodernismo del Sillabo, con Lutero e Calvino è stato all’origine stessa dell’etica capitalistica. Si è adattato al materialismo con il Concilio Vaticano II e allo showbusiness con Giovanni Paolo II: rinunciando alla lotta contro il mondo, non costituisce nessuna minaccia per il MacWorld. Anzi gli fa da angolo cottura spirituale.
Da chi o da cosa, allora, può venire un aiuto per liberare la divinità prigioniera che scalpita dentro di noi? L’ostacolo viene dal fatto che il cosiddetto progresso, scomponendo razionalmente la natura e violentandola nell’insaziabile tentativo di piegarla, l’ha resa muta e l’ha eliminata dalla nostra esperienza quotidiana. Da un lato non ci fa più alcuna paura, la paura ancestrale che è il moto d’animo originario di qualsiasi cultura. Dall’altro l’elemento naturale, incontaminato o non del tutto antropomorfizzato (com’erano ancora le vaste campagne nell’Ottocento e nel primo Novecento) si è via via ristretto e diradato. E’ letteralmente scomparso dalla nostra vista.
Oggi la stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive concentrata come formiche in centri urbani sovraffollati, dove il verde è rinchiuso in minuscole riserve talmente artificiose che la regola è di non calpestare le aiuole. I bambini non fanno più conoscenza con la terra perché non ne hanno più sotto casa, non s’incuriosiscono scoprendo insetti e animali perché abitano circondati dal cemento e non si sporcano nemmeno più, perché passano il tempo ipnotizzati davanti a computer, televisione e videogiochi. Nei weekend o in vacanza le famigliole si recano diligentemente al mare o in montagna, ma a parte qualche bagno o escursione, inquadrati in ferie organizzate a puntino con tutti i comfort, il contatto con le forze naturali è minimo, povero, addomesticato. Sempre insufficiente a resuscitare una risonanza interiore fra l’io individuale e il cosmo, fra il sentimento della propria limitatezza personale e il sentimento di appartenere al tutto, all’organismo della vita. E’ in questa corrispondenza che si può provare la percezione che in un orizzonte, in un albero, in un filo d’erba, in un soffio di vento, in ogni singolo nostro respiro esista un’anima, cioè un dio. Ma se non si sperimenta in sé questa immediatezza, anche il discorso più ispirato resta lettera morta, una pia intenzione romantica.
La gioia im-mediata di sentirsi partecipe di un grande Essere ci è preclusa dal sovraccarico di costruzioni mediate, razionalistiche, cervellotiche e meccaniche con cui abbiamo imparato a guardare e toccare ciò che ci circonda. Questa è la malattia che ci portiamo addosso: l’eccesso di ragionamenti che desertifica il nostro bosco profondo. L’uomo scettico e che la sa lunga ha orrore della naturalità nuda e pura, e se non può manipolarla con la sua scienza maniacale e coi suoi aggeggi tecnologici, la respinge, dipingendola come un caos di animalità bruta e senza controllo. Ma basta uno tsunami, un terremoto o l’esplosione di furia omicida (anche questa è “natura”) per rendergli la pariglia e mostrargli che Madre Terra, vilipesa e umiliata, è sempre lì, pronta a risvegliarsi.
Scegliere consapevolmente di risvegliarla non è possibile, per ora, nemmeno nel privato del proprio foro interiore. Il salto è accessibile solo a una condizione, oggi impraticabile a livello di massa: il ritorno a un sistema di vita più semplice e scandito dai ritmi naturali. Eppure, se tu che mi leggi non cominci almeno a porti il problema, l’impossibile resterà impossibile per sempre.
Alessio Mannino
Fonte: http://alessiomannino.blogspot.com
Babbo Natale e l’albero dei doni, americanizzazioni di antichi miti pagani europei, vincono sul Bambinello e sulla Vergine, perché più adatti a innescare la corsa agli acquisti commerciali.
Questo lo sa benissimo anche il devoto che va alla messa notturna del 25 dicembre, e lo accetta di buon grado. Per quieto vivere, perché così fanno gli altri, per abitudine. Ma soprattutto perché, dopo due secoli di sistematica estirpazione del sacro dall’esistenza quotidiana, non riesce a percepire il divino. E lo sostituisce malamente con una fedeltà a riti di massa che non sono morti solo perché una parvenza di tradizione spirituale serve ad appagare il bisogno innato di trascendenza e di comunità. E’ la sensazione di una notte, sia chiaro. Per il resto c’è la carta di credito.
Eppure quel bisogno preme, non si dà pace, è insoddisfatto. Non è umanamente sostenibile una religiosità circoscritta a qualche giornata di contrizione ipocrita, o, bene che vada, alla particola domenicale. E’ nelle difficoltà di ogni giorno che al comune ateo travestito da credente manca la forza rassicurante e rigenerante del divino, del numinoso. L’aura sacra che un tempo avvolgeva ogni momento del nostro passaggio sulla terra si è eclissata, scacciata con ignominia dalla spasmodica ricerca di ritrovare in tutto una causa dimostrabile.
La morte di Dio ci ha lasciati soli con una tecnica scientifica che ha razionalizzato la natura mortificandola, e con una logica economica che va per conto suo, incontrollata e disanimata, rubandoci la libertà di cambiare il corso della storia. Siamo soli col denaro, vero nostro Signore. Dice bene Sergio Sermonti, scienziato anti-scientista – un apparente ossimoro che gli è costato l’ostracismo pubblico: «Come insegnava Goethe, non dovremmo chiederci il perché ma il come delle cose. Nel chiedere il perché c’è un tacito presupposto che dietro ogni cosa ci sia un’intenzione, un proposito (appunto, un “perché”) e quindi che ogni cosa sia scomposta o scomponibile in fini e strumenti, o mezzi di produzione, come un’azienda umana. Sotto tutto questo c’è una sottile mentalità ottimistica, economicistica, produttivistica. No. Il mondo opera su un’altra dimensione, galleggia nell’eterno, è sospeso nell’infinito, ed è per l’appunto questo spostarci nelle sue dimensioni incantate il più raffinato e prezioso risultato della conoscenza, e non, al contrario, quello di rovesciare il mondo ai nostri piedi» (“L’anima scientifica”, La Finestra, Trento, 2003).
Per recuperare il senso del divino, il cristianesimo ormai serve a poco. E’ troppo compromesso con la modernizzazione, essendosene spesso lasciato usare come puntello e bandiera. Le Chiese sopravvivono nell’acquiescenza allo stile di vita radicalmente anticristiano dell’uomo consumato dai consumi. In particolare i Papi, incluso l’ultimo, il tradizionalista Ratzinger, si sono arresi a Mammona, e non c’è un prete a pagarlo oro che si scagli contro i moderni mercanti nel tempio: preferiscono i facili anatemi sulle unioni omosessuali e le comode prediche sulla fame in Africa. Il cristiano ha dimenticato il pauperismo di San Francesco d’Assisi, ha rinnegato l’umanesimo dei pontefici rinascimentali, ha sepolto l’antimodernismo del Sillabo, con Lutero e Calvino è stato all’origine stessa dell’etica capitalistica. Si è adattato al materialismo con il Concilio Vaticano II e allo showbusiness con Giovanni Paolo II: rinunciando alla lotta contro il mondo, non costituisce nessuna minaccia per il MacWorld. Anzi gli fa da angolo cottura spirituale.
Da chi o da cosa, allora, può venire un aiuto per liberare la divinità prigioniera che scalpita dentro di noi? L’ostacolo viene dal fatto che il cosiddetto progresso, scomponendo razionalmente la natura e violentandola nell’insaziabile tentativo di piegarla, l’ha resa muta e l’ha eliminata dalla nostra esperienza quotidiana. Da un lato non ci fa più alcuna paura, la paura ancestrale che è il moto d’animo originario di qualsiasi cultura. Dall’altro l’elemento naturale, incontaminato o non del tutto antropomorfizzato (com’erano ancora le vaste campagne nell’Ottocento e nel primo Novecento) si è via via ristretto e diradato. E’ letteralmente scomparso dalla nostra vista.
Oggi la stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive concentrata come formiche in centri urbani sovraffollati, dove il verde è rinchiuso in minuscole riserve talmente artificiose che la regola è di non calpestare le aiuole. I bambini non fanno più conoscenza con la terra perché non ne hanno più sotto casa, non s’incuriosiscono scoprendo insetti e animali perché abitano circondati dal cemento e non si sporcano nemmeno più, perché passano il tempo ipnotizzati davanti a computer, televisione e videogiochi. Nei weekend o in vacanza le famigliole si recano diligentemente al mare o in montagna, ma a parte qualche bagno o escursione, inquadrati in ferie organizzate a puntino con tutti i comfort, il contatto con le forze naturali è minimo, povero, addomesticato. Sempre insufficiente a resuscitare una risonanza interiore fra l’io individuale e il cosmo, fra il sentimento della propria limitatezza personale e il sentimento di appartenere al tutto, all’organismo della vita. E’ in questa corrispondenza che si può provare la percezione che in un orizzonte, in un albero, in un filo d’erba, in un soffio di vento, in ogni singolo nostro respiro esista un’anima, cioè un dio. Ma se non si sperimenta in sé questa immediatezza, anche il discorso più ispirato resta lettera morta, una pia intenzione romantica.
La gioia im-mediata di sentirsi partecipe di un grande Essere ci è preclusa dal sovraccarico di costruzioni mediate, razionalistiche, cervellotiche e meccaniche con cui abbiamo imparato a guardare e toccare ciò che ci circonda. Questa è la malattia che ci portiamo addosso: l’eccesso di ragionamenti che desertifica il nostro bosco profondo. L’uomo scettico e che la sa lunga ha orrore della naturalità nuda e pura, e se non può manipolarla con la sua scienza maniacale e coi suoi aggeggi tecnologici, la respinge, dipingendola come un caos di animalità bruta e senza controllo. Ma basta uno tsunami, un terremoto o l’esplosione di furia omicida (anche questa è “natura”) per rendergli la pariglia e mostrargli che Madre Terra, vilipesa e umiliata, è sempre lì, pronta a risvegliarsi.
Scegliere consapevolmente di risvegliarla non è possibile, per ora, nemmeno nel privato del proprio foro interiore. Il salto è accessibile solo a una condizione, oggi impraticabile a livello di massa: il ritorno a un sistema di vita più semplice e scandito dai ritmi naturali. Eppure, se tu che mi leggi non cominci almeno a porti il problema, l’impossibile resterà impossibile per sempre.
Alessio Mannino
Fonte: http://alessiomannino.blogspot.com
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